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Un umanesimo che riparta dalle idee 

A fronte del progressivo naufragio dell’agire politico e culturale di una consistente parte della nostra comunità nazionale come cattolico democratico, da sempre impegnato sulla frontiera del volontariato per la costruzione del bene comune, sono costretto a rispolverare alcuni appunti raccolti su un quaderno, durante la mia partecipazione al Seminario Nazionale di Todi (16-17 ottobre 2001) sul tema: “La buona politica per il bene comune. I cattolici protagonisti della politica italiana”. Un’altra sollecitazione a ricercare qualche possibile spiraglio culturale in deriva anche dalla sconcertante vicenda amministrativa del Comune di Avellino. Sull’orizzonte politico irpino si delinea, ormai, una ennesima campagna elettorale senza connotazioni politiche e culturali di spessore, se i protagonisti – ammesso che di protagonismo si può parlare – sono sempre gli stessi, con lo stesso squallido repertorio linguistico, privo di idee e di prospettive programmatiche. Il mio tentativo, frattanto, non è un nostalgico rifugio nel passato, ma l’esigenza interiore di condividere con tanti amici, pensosi e purtroppo silenti, contenuti e contributi del filone politico-culturale chiamato tradizionalmente “cattolicesimo democratico”. Tornando ai miei appunti di Todi riscopro l’attualità, innanzitutto, della cura per l’autonomia della politica e la laicità delle istituzioni intese, al modo dei costituenti, quali “casa comune” con il corollario dell’autonomia laicale e politica delle scelte e delle militanze. Subito una domanda mi pongo e travaso la stessa agli amici poc’anzi richiamati, come i cattolico-democratici attualmente “in libera uscita” nell’esprimere la loro opzione elettorale, possano sentirsi militanti nel quadro del sempre più incalzante e puntuale cattolicesimo sociale di Papa Francesco? Come si può accettare che nelle balbuzie attuali dei dirigenti del PD sono totalmente assenti i contenuti basilari del cattolicesimo democratico o la tutela dei diritti umani universali del più nobile filone laico, riattualizzabili facilmente anche dai meno conoscitori di tale filone a fronte del deleterio e totale vuoto ideologico e culturale dei dirigenti politici dell’attuale maggioranza? È vero, allora, che il termine “militanza” è diventato sinonimo di arrogante approssimazione culturale e politica? Ancora, che fine ha fatto il monito prevalente del Seminario di Todi sulla necessità di una “cittadinanza attiva e partecipazione responsabile” relegata a mero postulato teorico della dottrina sociale della Chiesa? Di che meravigliarsi o dolersi, allora, dell’attuale deriva della politica italiana e, in parte, di quella europea. Quando l’humus culturale ed ideologico, da laboratorio fecondo di idee e di progetti, diventa laboratorio di sintesi di acido solforico che brucia, con frequenza impressionante, dirigenti politici certamente non di altissima statura, ma pur sempre generosi e portatori di un pensiero politico aperto al concorso dell’intera classe dirigente, l’immagine di uno scellerato cannibalismo interno, devitalizza il partito, il PD, condannandolo alla marginalità politica attuale. Quello che sconforta tuttora, salvo qualche sprazzo di lucidità, che la stessa vigilia congressuale dello stesso PD viene vissuta con scarsa consapevolezza della esigenza che, molta efficacemente Achille Occhetto, certamente non praticante cristiano, ha indicato nella partenza da “Gesù Bambino” ossia da una nuova e credibile generatività politica e culturale che aggrega tutti nel tirare il carro di un’offerta politica chiara nella lotta alle disuguaglianze sociali, nel quadro di un umanesimo che faccia sintesi dinamica delle due grandi tradizioni politiche, italiana ed europea: quella cristiana e quella socialista.

di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud

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