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Un’Europa irpina a Castel Baronia

Nel tentativo di leggere la storia attraverso l’arte e di collocare il mito in un immaginario intessuto a quello irpino, Maria Rachele Branca ha modellato nell’argilla una rinnovata effige di Castel Baronia, che ne contempla l’intero patrimonio culturale. Concepita per l’omonima sala di Palazzo Mancini, odierna Casa della cultura e della memoria identitaria inaugurata lo scorso aprile, l’opera Manea Europa intende quindi omaggiare, fin dal titolo, l’insigne giureconsulto ed antesignano del Diritto Internazionale, Pasquale Stanislao Mancini, che qui ebbe i natali. Figura allegorica, sorretta da un corno di bue, questa figura femminile è ispirata alla mitologia greca, dove Europa ci viene descritta come una principessa fenicia di rara bellezza, oggetto delle brame di conquista di Zeus, che, per poterla avvicinare, assume le sembianze di un maestoso toro bianco “più della neve”. La fanciulla, impressionata dalla mansuetudine del possente animale, si siede sul suo dorso ed è allora che il dio greco la rapisce, spingendosi verso “Occidente”, a galoppo tra le onde del Mediterraneo per raggiungere l’isola di Creta, dove, rivelata la sua identità, consumerà l’agognata violenza. Ecco che il Ratto di Europa trasfigura nel simbolismo del mito l’eponima fondazione del continente, quale rappresentativa narrazione degli eventi che tra il XII e il VII secolo a. C. portarono i Fenici a conquistare i territori del Mediterraneo.

Analogamente, la Manea, ideale rappresentazione di un’Europa Irpina, racchiude in sé tutta la storia del piccolo borgo della Valle dell’Ufita. Ed è così che, nella lunga chioma che ne contorna il corpo scultoreo, l’opera va ad evocare l’antico volto del territorio quale muliebre fermo-immagine di donne, che, tra le strade del borgo, districavano i propri capelli al vento con un pettine tradizionalmente in osso. Tale riferimento, come quello del corno tratto dal mito, rimanda all’antico mestiere dei Segacorna”, cosiddetti per la lavorazione dei corni destinati alla produzione manifatturiera dei pettini in osso. Emblematicamente sottese al parallelismo figurativo tra la fluente chioma della donna ed un fiume che scorre, le origini di Castel Baronia fanno cenno alla storica collocazione nel fondo valle di Acquara. Ed è proprio in reminiscenza delle Varchere, ovvero le locali tintorie alimentate ad energia idrica, che, in grembo a Manea Europa, l’artista ha adagiato un drappo rosso con un’inscrizione in oro, quale citazione dall’idioma storicamente in uso tra i mercanti di pettini: il Ciaschino. Nello specifico, l’iscrizione “La Manea è nif” (La donna è bella) si riferisce ancora una volta al mito greco, nel condiviso assunto di una bellezza femminile che rilegge quella di Ερώπη. Infine, trattandosi di una scultura a tutto tondo, l’opera crea un postulato richiamo alla vasta produzione del frate-scultore dell’Isola Tiberina, Padre Andrea Martini, che nella sua sintesi figurativa apportò una significativa ridefinizione dell’arte sacra del XX secolo, e che, in virtù delle sue origini castellesi, trova un proprio spazio espositivo a Palazzo Mancini.

di Rossella Della Vecchia

 

 

 

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