di Anna Bembo
Secondo il report The Rise of the SHEconomy, pubblicato da Morgan Stanley nel 2019, entro il 2030 il 45% delle donne tra i 25 e i 44 anni sarà single e senza figli. Un dato che riflette un cambiamento profondo, già in atto: in Europa, infatti, il tasso di persone single ha raggiunto il 50%, con un’incidenza particolarmente alta nei Paesi nordici. In Italia, la percentuale è cresciuta dal 20% al 38% negli ultimi due decenni, e gli esperti ritengono che la tendenza sia destinata a proseguire.
Questi dati inevitabilmente aprono il dibattito: c’è chi crede sia frutto di una nuova moda, di una nuova rivoluzione femminile, e chi invece sostiene non sia una scelta libera bensì una condizione obbligata. Per la sociologa Anna Maria Coramusi è un fenomeno che: «non riguarda solo il rifiuto del matrimonio tradizionale, ma anche quello civile, considerato più snello e meno impegnativo». A motivare queste scelte, come evidenzia anche Flaminia Saccà, docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, sono cause soprattutto economiche e pratiche: precarietà lavorativa, stipendi bassi, contratti in nero, difficoltà ad accedere a un’autonomia abitativa. «Oggi l’ingresso nella vita adulta — osserva Saccà in un articolo di Donna Moderna del 2024— richiede più tempo e più risorse: concludere gli studi, trovare un lavoro stabile, lasciare la casa dei genitori e costruire una propria rete affettiva sono traguardi sempre più difficili da raggiungere». Costruire una vita relazionale autonoma richiede maggiore stabilità, divenuta ormai un bene raro.
Nel frattempo, cambia anche il ruolo della donna nella società. Non più confinata ai compiti di cura della casa, è oggi protagonista nel mondo del lavoro. Le donne vivono ormai in un precario equilibrio tra ambizione personale, lavoro e pressioni sociali. Tuttavia, il peso delle disuguaglianze resta forte: il gender gap in termini di retribuzione e la disparità nelle progressioni di carriera continua a penalizzare molte lavoratrici. A questo si aggiunge la difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare, che porta molte donne a rinviare o rinunciare alla maternità. «Il fenomeno della maternità posticipata o negata è destinato ad aumentare, soprattutto in assenza di politiche efficaci di sostegno», spiega Coramusi.
Il risultato è un contesto in cui sempre più donne decidono di non avere figli: alcune per scelta consapevole, altre perché costrette dalle circostanze. «Crescere un figlio in una società che impone ritmi serrati e standard elevati — prosegue Coramusi — comporta rinunce personali significative, soprattutto in termini economici e di tempo. Anche le coppie che decidono di avere un figlio optano spesso per l’unico, in età avanzata, affidandosi ai nonni quando possibile».
Si tratta, dunque, non solo di un mutamento demografico, ma anche culturale. Le priorità cambiano: indipendenza economica, realizzazione personale, libertà di scelta prendono il posto dei modelli tradizionali. Come evidenzia lo studio, aumentano le convivenze informali, i divorzi e il numero di persone che scelgono consapevolmente di vivere senza una relazione stabile o senza figli.
Un cambiamento che impone riflessioni profonde. Da una parte, la conquista di nuove libertà; dall’altra, il rischio di nuove solitudini. La vera sfida per il futuro potrebbe essere quella di trovare un equilibrio: un modello in cui autonomia e relazioni possano convivere, senza che l’una escluda l’altra.