di Anna Bembo
L’8 agosto 1956, nella miniera Bois du Cazier a Marcinelle, in Belgio, un incendio causato da una scintilla elettrica innescò la combustione d’olio ad alta pressione nel sistema d’aerazione. Le fiamme e il fumo invasero i cunicoli, causando la morte di 262 minatori, di cui 136 italiani. Quell’evento, doloroso e simbolico, rappresenta la terza catastrofe mineraria più grave che abbia coinvolto emigranti italiani all’estero, dopo Monongah e Dawson.
Oggi si celebra il 69º anniversario della tragedia e la 24ª Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. In diverse regioni italiane – come Marche, Abruzzo e Umbria – e anche in Belgio si susseguono cerimonie di commemorazione, dedicate al ricordo delle vittime e alla difesa della sicurezza sul lavoro. La Cgil, in particolare, con iniziative in Italia e in Belgio, rilancia il tema della sicurezza e dei diritti dei lavoratori.
Il deputato di origini irpine Toni Ricciardi, vicepresidente Pd alla Camera e storico delle migrazioni, alla Camera dei Deputati ha ricordato: “Marcinelle è figlia di una stagione migratoria indotta dal ’45 al ’46, quando gli Alleati restituirono il Ministero del Lavoro e della Massima Occupazione. L’Italia fu tappezzata dai manifesti rosa che invitavano a partire per la Belgique. Il 23 giugno 1946 vi fu l’accordo di scambio con il Belgio, ma quel tragico 8 agosto 1956 scesero in miniera 274 operai: 262, di 12 nazionalità differenti, non fecero più ritorno. «Tutti cadaveri» fu l’esclamazione di Angelo Berti, alle 3:25 del mattino del 23 agosto. Ogni speranza era sepolta quasi un chilometro sotto le viscere della terra. Marcinelle diede lo slancio all’unificazione europea e fu seguita, il 30 agosto 1965, dall’ultima grande tragedia dell’emigrazione italiana. A fine mese, il 30 agosto, ricorreranno infatti i 60 anni di un’altra tragedia europea in cui l’Italia pagò il prezzo più alto: a Mattmark, in Svizzera, la frana di un ghiacciaio uccise 88 operai, di cui 56 italiani. È il sacrificio di migliaia di persone emigrate da questo Paese, che hanno contribuito inconsapevolmente alla storia dell’Italia e dell’Europa, e alle quali dobbiamo solo inginocchiarci istituzionalmente e dire grazie. Marcinelle fu una tragedia spartiacque, la prima volta che si seguì in diretta un evento catastrofico in emigrazione, ma soprattutto il momento in cui si aprì l’attenzione del secondo dopoguerra sul fatto che l’Italia fosse ancora un Paese di emigrazione.”
Come si evince dalle sue parole, quello di Marcinelle è un evento profondamente caro allo storico delle migrazioni e delle catastrofi presso l’Università di Ginevra. Oggi, infatti, una delegazione Pd formata proprio da Toni Ricciardi si è recata sul posto “per ricordare una ferita ancora aperta, un monito per il presente, un dovere per il futuro”.
Non è mancato il ricordo della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Rendiamo omaggio ai nostri 136 connazionali costretti ad abbandonare la terra per trovare altrove maggiori opportunità di lavoro”. Esprimendo commozione e cordoglio per le vittime, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato a una riflessione sulle condizioni di lavoro, in Italia e all’estero: “La tutela dei lavoratori, la lotta contro ogni forma di sfruttamento restano un’urgente necessità, che risponde a princìpi di civiltà, a un dovere universale”.
Purtroppo, l’emergenza non è solo memoria: i numeri del 2025 dimostrano come le morti sul lavoro restino una tragedia concreta e quotidiana. Dal 1° gennaio al 31 luglio 2025 sono morti 873 lavoratori, di cui 621 sui luoghi di lavoro (escluse le morti “in itinere”). In media, un lavoratore muore ogni sei ore, con una crescita dell’8,6% rispetto allo stesso periodo del 2024. I dati Inail parlano di 589.571 infortuni totali, dei quali circa 1.090 mortali (+4,7% rispetto al 2024).
Toni Ricciardi ha sottolineato: “Essere oggi a Marcinelle significa onorare la memoria dei caduti, 262 minatori di cui 136 italiani, ma anche ricordare che ancora oggi si muore troppo spesso sul lavoro. Significa ribadire con forza che la sicurezza non è un costo, ma un diritto. Che ogni vita umana persa per colpa del profitto, dell’incuria o dell’indifferenza è un fallimento collettivo. Noi non possiamo, non dobbiamo dimenticare, a testimonianza di quanto sia stato pregnante e fondamentale il lavoro delle italiane e degli italiani nel mondo.”
Nonostante siano passati 69 anni dalla tragedia di Marcinelle, il volto dell’Italia non è cambiato di molto. Ancora oggi il Bel Paese è il Paese dell’emigrazione. Negli ultimi anni il fenomeno del “brain drain” italiano ha raggiunto livelli che non si vedevano da decenni.
Dal 2013 al 2023 l’Italia ha perso in media circa 56 mila cittadini ogni anno al netto dei rientri. Oltre la metà (57%) erano giovani tra i 18 e i 34 anni e più di uno su quattro era laureato. Si tratta di un flusso costante, che nel 2024 ha conosciuto un’impennata: secondo le stime, oltre 156 mila italiani hanno lasciato il Paese e appena 52 mila sono rientrati, con un saldo negativo di circa 100 mila persone. La fascia più colpita è quella tra i 18 e i 39 anni, che rappresenta il 70% del totale.
Secondo i dati Istat, il 2024 segna un aumento del 20,5% rispetto al 2023, con circa 191 mila partenze. È il dato più alto degli ultimi 25 anni e conferma un trend preoccupante: negli ultimi dieci anni più di un milione di italiani sono emigrati, di cui oltre 360 mila giovani (25-35 anni) e circa 146 mila laureati. In questa fascia, nel solo 2023, sono partite 21 mila persone, più della metà con un titolo di laurea. L’impatto non è solo demografico ma anche economico: la fuga dei cervelli costa all’Italia tra i 10 e i 14 miliardi di euro all’anno in capitale umano perso, una cifra che negli ultimi dodici anni ha superato i 134 miliardi.
Oggi – a 69 anni di distanza – Marcinelle non è solo memoria, ma un invito urgente: la sicurezza sul lavoro non può restare una battaglia del passato, e la dignità dei migranti non può essere un’eco lontana. Il sacrificio di 262 vite, tra cui 136 italiane, non deve essere inutile. Onorare Marcinelle significa trasformare il ricordo in impegno, perché nessuno muoia più per profitto, incuria o indifferenza e perché sempre meno persone scelgano di andare via.