Si conclude oggi la campagna elettorale più lunga e drammatica della nostra storia recente. Non l’abbiamo drammatizzata noi, l’hanno drammatizzata i nostri avversari ponendo il tema della sostituzione della Costituzione del 48 con la nuova Costituzione Renzi/Boschi come un’emergenza istituzionale, un passaggio ineludibile senza il quale il nostro paese sarebbe andato incontro ad una catastrofe simile alle dieci piaghe d’Egitto del racconto biblico. La scelta che ci apprestiamo a compiere con il referendum ha un’importanza fondamentale nella storia del nostro Paese. Si tratta di una scelta altrettanto impegnativa quanto lo fu la scelta compiuta dal popolo italiano il 2 giugno del 1946 con il referendum istituzionale: Repubblica o Monarchia? Ora come allora si tratta di decidere quale modello di istituzioni, quale modello di democrazia deve assumere il nostro Paese. Solo su una cosa possiamo essere d’accordo con i sostenitori del SI: qui ci giochiamo il futuro, ma per motivi opposti a quel che ci vogliono far credere. Non è vero che il No è conservatore ed il Si introduce il cambiamento e ci proietta nel futuro. In realtà è vero il contrario. Il SI interviene su istituzioni già affette da gravi patologie in un quadro di restrizione della democrazia e riduzione dei diritti di partecipazione dei cittadini e rende questo quadro invulnerabile, consolidandolo col cemento della riforma costituzionale. La riforma compie un’operazione che – con una metafora – si può paragonare a quanto è successo a Chernobil. Qui per rimediare al disastro è stato costruito un sarcofago di cemento che ha seppellito il reattore nucleare conservandolo in quello stato per l’eternità. La riforma agisce come un sarcofago di cemento, cristallizzando i mali della nostra democrazia e conservandoli nel tempo futuro. Il No, al contrario, non mantiene lo status quo ma crea le condizioni perché si possa cambiare: intanto perché votando no si cancella anche l’Italicum, la legge preconfezionata per le nuove istituzioni introdotte dalla riforma, e poi perché caduta la riforma, caduto l’italicum, si creano le condizioni per riaprire i giochi della politica e per favorire riforme che restaurino l’agibilità politica delle istituzioni rappresentative. In conclusione, sono sempre valide le considerazioni di Raniero La Valle in occasione della riforma Berlusconi del 2005: “Cadute le linee di difesa del patto costituzionale, venuti meno i pastori posti a presidio dei cittadini, il popolo rimane ora l’ultimo depositario della legittimità costituzionale e l’ultima risorsa, l’ultima istanza in grado di salvare la democrazia rappresentativa nel nostro paese. Esso non dovrà semplicemente “difendere” la Costituzione del 48, ma dovrà instaurarla di nuovo. Non dovrà solo sottrarla all’oscuramento cui oggi è condannata, ma riscoprirla ed illuminarla come mai ha fatto finora.” Viva la Repubblica, viva la Costituzione
edito dal Quotidiano del Sud