Il voto di scambio è in cima alla lista delle ragioni di scioglimento per mafia dei comuni campani. È quanto emerge da decreti di scioglimento e dalle relazioni prefettizie, che raccontano episodi di intimidazioni nei confronti di candidati – come a Castellammare di Stabia – oppure nella localizzazione delle preferenze espresse a favore di altri nelle zone a maggior densità mafiosa, come ad esempio a San Giuseppe Vesuviano. Ma gli esponenti dei clan non si limitano a minacciare. In molti casi stringono rapporti con gli amministratori locali, in modo da elevare il grado di condizionamento della vita amministrativa.
Una rete di cointeressenze che punta al cuore degli interessi mafiosi nei Comuni attraverso la gestione degli affidamenti pubblici e degli appalti, elemento centrale in tutti i recenti decreti di scioglimento della Campania, che con 118 amministrazioni coinvolte – 385 in tutta Italia – è la seconda regione italiana per enti sciolti per mafia. La provincia più colpita è Napoli con 66 decreti di scioglimento. Seguono Caserta, Salerno, Avellino e Benevento. Ma la Campania è anche la seconda regione per scioglimenti plurimi. E – unico caso in Italia – il Comune di Marano di Napoli è stato sciolto quattro volte.
Questo è quanto è emerso questa mattina a Napoli, durante il corso di formazione per giornalisti dal titolo “Mafie, corruzione e politica con un focus sui comuni sciolti per mafia”, promosso dalla Federazione nazionale della stampa italiana e Avviso Pubblico, in collaborazione con il Sindacato Unitario Giornalisti Campania, grazie alla preziosa collaborazione con il segretario generale aggiunto della Fnsi Claudio Silvestri e la nuova segretaria del SUGC Geppina Landolfo. Al tavolo dei relatori Isaia Sales, storico, professore universitario, autore di saggi e inchieste, i giornalisti Rosaria Capacchione e Mimmo Rubio e il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, che è anche Vicepresidente di Avviso Pubblico. A moderare l’incontro il Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani.
«La legge sugli scioglimenti non ha svolto fino in fondo la sua funzione preventiva – spiega Isaia Sales – Quando si arriva a Marano a sciogliere quattro volte il consiglio comunale, vuol dire che lo Stato, nelle sue varie espressioni, non è stato in condizione di poter evitare un permanente condizionamento dei clan di camorra su quel comune. Quindi dal punto di vista della prevenzione, la legge ha bisogno di qualche strumento più cogente, ha bisogno di qualcosa di più eclatante che scoraggi i rapporti tra mondo politico locale e mondo malavitoso. Però, indubbiamente, se dovessimo valutare questa legge dal punto di vista del racconto, della evoluzione delle mafie in Italia, sicuramente è una fotografia molto ben messa a fuoco, dove emerge che la prima mafia in Italia è la ‘ndrangheta, poi viene la camorra – o meglio le camorre – poi la mafia siciliana e infine quella pugliese».
Secondo il giornalista Mimmo Rubio, sotto scorta dal 2020 per il suo lavoro di inchiesta sulla camorra ad Arzano: «La vicenda di Arzano – che ho vissuto sulla mia pelle in un arco di oltre 25 anni – dimostra che i piccoli comuni sono terreno fertile per le mafie, dove i rapporti tra amministratori locali, funzionari pubblici ed esponenti dei clan sono più semplici e il condizionamento politico più diretto».
In contesti simili, infatti, fare il giornalista e informare le persone è un lavoro difficile e pericoloso. Ma al di là delle minacce e degli attentati c’è il tema delle querele temerarie, che «sono un modo di delegittimare il lavoro dei giornalisti agli occhi dell’opinione pubblica e sono il sintomo di un territorio fortemente camorrizzato».
Rosaria Capacchione, ex giornalista de Il Mattino, anche lei costretta a vivere da tantissimi anni sotto scorta dopo essere stata più volte minacciata di morte, dopo aver ripercorso a grandi linee la storia dei meccanismi della camorra nella provincia di Caserta, ha dichiarato: «Sul tema dello scioglimento dei comuni per mafia bisogna fare una premessa e guardare anche alle dimensioni dei territori. Nella maggioranza dei casi infatti si ha a che fare con comuni di piccole dimensioni in cui si conoscono quasi tutti. Nel nostro Paese c’è una mancanza di senso alla collettività e una cultura secondo la quale c’è sempre una persona che ci comanda e ci risolve i problemi. Il problema non è solo la mafia ma è la mafiosità come cultura».
E poi rivolgendosi ai giornalisti e alle giornaliste presenti ha aggiunto: «Per studiare il rapporto mafia, politica e corruzione non possiamo accontentarci del comunicato stampa della procura. Deve essere il giornalista che decide come e quali notizie raccontare ma bisogna sempre andare a vedere ciò che succede sui territori secondo la logica vado, vedo, racconto. Oggi invece nei giornali nessuno segue più i processi perché secondo molti editori questo non è più un investimento ma un costo».
«Le commissioni straordinarie e lo scioglimento dei comuni per mafia sono state un meccanismo importante e fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata», spiega il sindaco di Casal di Principe Renato Natale, Vicepresidente di Avviso Pubblico, che però insiste sulla necessità di modificare la legge: «Una delle prime cose da fare è agire sulla scelta dei commissari, che non possono essere funzionari di prefettura che lavorano soltanto per gestire l’ordinaria amministrazione. Bisogna formarli, prima di tutto bisogna dargli una formazione etica e di carattere amministrativo. E soprattutto i poteri necessari ad agire». «È inoltre necessario selezionare in modo attento i comuni da sciogliere. Non possiamo sospendere la democrazia locale costringendo il sindaco ad andarsene sulla base di un sospetto che poi magari si rivela infondato e intanto però interrompere un’esperienza sul territorio. È necessaria sia una valutazione attenta dei casi sia personale preparato».
L’incontro di oggi inaugura l’avvio di una collaborazione tra la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e Avviso Pubblico, per la promozione della cultura dell’informazione e la diffusione di progetti, iniziative, buone pratiche sui temi della trasparenza e della legalità costituzionale come strumenti di prevenzione e contrasto a mafie, corruzione e malaffare.
A darne notizia in chiusura del convegno il Presidente della Fnsi, Vittorio Di Trapani, che ha dichiarato: «Con Avviso Pubblico facciamo da due parti lo stesso mestiere. Quando Avviso Pubblico si dedica agli amministratori sotto tiro, sta facendo in parte il lavoro che facciamo noi come sindacato quando sosteniamo i giornalisti minacciati, andando a spiegare che la minaccia ad un singolo giornalista è una minaccia ad una collettività, alla tenuta di un sistema democratico. Ecco il senso di questo protocollo di collaborazione tra Fnsi e Avviso Pubblico. Il protocollo serve anche a costruire momenti di formazione che costruiscano una cultura della legalità, che vuol dire una cultura della cittadinanza, che significa a sua volta conoscere per poter scegliere. Se scelgo – conclude Di Trapani – sono un cittadino libero e posso contribuire a costruire la democrazia e anche a capire che cos’è la cultura mafiosa per contribuire alla crescita della società».