Se negli anni ’30 Carlo Levi scriveva che Cristo si è fermato ad Eboli, nel tempo della transizione ecologica ed elettrica potremmo dire che si è fermato al di là delle Alpi. Un bel po’ di chilometri di differenza. Sì, perché l’auto elettrica della principale – e unica – azienda automobilistica sul suolo italiano, che è Stellantis, non passa per l’Italia. Se la situazione di difficoltà registrata in numerosi stabilimenti aveva fatto già fatto intuire questo trend, il quadro degli investimenti pende tutto verso l’estero.
All’inizio del 2024, il gruppo guidato da Carlos Tavares ha dato nuovo impulso alla realizzazione di motori elettrici attraverso la produzione di moduli di propulsione elettrica (Edm) negli impianti di Tremery-Metz, Francia, Szentgotthard, Ungheria, e Kokomo, Indiana, Stati Uniti. A questi si aggiungono, a partire dal 2025: lo stabilimento di Mangualde in Portogallo che diventa il primo impianto a produrre su vasta scala furgoni compatti totalmente elettrici a batteria per Citroën, Fiat, Opel e Peugeot; la fabbrica di Luton, in Inghilterra, che produrrà i furgoni elettrici medi, che segue quello di Ellesmen, primo impianto inglese di produzione in serie esclusivamente elettrico.
E in Italia? A Mirafiori, lo stabilimento italiano più grande – sede storica dell’ormai ex Fiat – alla normale produzione si era aggiunta quella della berlina totalmente elettrica, la 500e. L’intenzione di rilanciare la fabbrica torinese si è infranta contro un uso massiccio degli ammortizzatori sociali, che ha portato a un anticipo di 20 giorni della chiusura estiva.
Il vero investimento verso la conversione era stato progettato per Termoli, dove la Acc (join-venture tra Stellantis, Mercedes e Total) aveva ideato la creazione di una Gigafactory. La struttura molisana sarebbe stata rimodulata per la produzione di batterie elettriche da 40 gigawatttora per circa 800mila auto all’anno. 2 miliardi di euro e lavoro per 1800 dipendenti. Progetto che si è arenato lo scorso giugno, quando le trattative tra il governo e la Acc sono state sospese fino a data da destinarsi.
Un brusco stop che si ripercuote sul vicino stabilimento di Pratola Serra. Per la fabbrica irpina, che ha visto assicurata la produzione di motori euro 7 per tutto il gruppo commerciale della Stellantis fino al 2030, non esiste un piano di conversione degli impianti. Una mancanza di prospettive e di visioni industriali che ha già avuto il suo primo impatto negativo sull’indotto dell’automotive nella provincia di Avellino.
Se il futuro è ormai declinato in kilowattora, l’avvenire è tutto da decifrare per l’Italia e, soprattutto, per l’Irpinia.