“Continuo a credere in una Repubblica fondata sulla felicità piuttosto che sul lavoro. E qui al Sud ho incontrato molte più persone felici che al Nord. Peccato che non sia possibile calcolare il tasso di felicità come si fa col PIl“. Lo sottolinea con forza Alessandro Brunello nel suo libro “Cambio vita e vado al Sud. Diventare terroni e vivere felici”, Salani edizioni, presentato alla libreria Mondadori, nel corso di un bel confronto con la giornalista Titty Festa. Un libro che nasce da una scelta personale, lasciare la quotidianità milanese fatta di multinazionali, startup e intelligenza artificiale per trasferirsi a Taranto, in Puglia “Sono sempre stato un apprendista terrone, sono sempre stato disfunzionale rispetto ai modelli di ipertecnologia, efficienza e produttività. Ho sempre messo al centro della mia vita le relazioni e non il lavoro. Al Nord se scambi una parola di più col barista, ti guardano con sospetto. Prima di trasferirmi al Sud conoscevo poco questa terra, al massimo avevo trascorso qualche vacanza in Abruzzo. Tuttavia, c’ era in famiglia un bisnonno di Taranto, l’unico che aveva conservato il suo accento a Milano, era stato campione di maratona e socialista convinto. E a Taranto ha dei parenti anche mia moglie Eleonora. Senza che lo sapessi, poi, nella mia stanza c’è sempre stata la foto del ponte di una città che non sapevo fosse proprio Taranto”. Spiega come “Ero in un momento in cui mi confrontavo con clienti internazionali e vivevo a mille il mio lavoro ma sentivo che qualcosa non andata, poichè tutto mi sembrava inutile. Così un giorno ho detto a mia moglie ‘Perchè non andiamo a vivere al Sud?ì. Dopo poco mia moglie si era messa a cercare un appartamento”
Racconta di essere cresciuto alla periferia di Milano “In una compagnia in cui c’erano tutti figli di immigrati veneti che si picchiavano regolarmente con i gruppi dei siciliani e dei calabresi. Poi le compagnie si sono mescolate e io ho cominciato a frequentare una comitiva di calabresi. Questo ha fatto si che acquisissi familiarità con suoni e tradizioni del Sud, anche se a Milano si finisce per appartenere al proprio quartiere più che alla terra di provenienza. Inoltre, ho capito presto cosa significhi essere emarginato, se è vero che per andare a scuola dovevo fare un lungo tratto a piedi e prendere più mezzi”. Ricorda come “quando si parla di Nord, si dimentica che ci sono più Nord, le grandi città sono tutte collegate tra loro da sistemi di trasporto superefficiente ma questo non vale per tutti i territori”.
Titty Festa si sofferma sulla capacità dell’autore di consegnare uno spaccato della quotidianità meridionale e non solo, dal rito del caffè a matrimoni e funerali, fino a un vero decalogo per vivere meglio “Al Nord il caffè si deve prendere senza fare domande. Persino nel bar sotto casa a Milano non sapevano come mi chiamassi. Non esiste il miracolo dei rapporti legati ad incontri casuali”.
E sottolinea come “Taranto è sempre stata una città che accoglie lo straniero. Anche io mi sono sentito immediatamente accolto, sono arrivato una sera nel pieno di una festa tra concerti e fuochi d’artificio, ho legato immediatamente con i protagonisti della scena culturale pugliese. Ho scelto Taranto perchè non voleva un luogo da cartolina ma una città che avesse le sue cicatrici e sulle base di queste cicatrici sapesse cosa è l’autenticità. Ed è quello che ho trovato. Poco conta che guadagni di meno, poichè anche le mie spese sono inferiori ed ho certamente più tempo da dedicare alla famiglia e a ciò che amo”. Sulla scelta di Brunello di non soffermarsi sui mali atavici dalle clientele al piangersi addosso e sulle prospettive del Mezzogiorno, spiega come “Non serve a nulla enfatizzare qualcosa che esiste, piuttosto conta rivolgere lo sguardo alla direzione da seguire. il Sud ha gli anticorpi per abbracciare al meglio l’innovazione e le risorse, a partire da quelle agricole, che potranno rappresentare una ricchezza per il futuro. C’è una forte radice culturale legata alla storia di questi territori che si percepisce ovunque. La vita economica e sociale qui è caratterizzata da una dimensione comunitaria, assembleale, ecco perchè penso che sia necessario investire sulla cultura e non certo diventare i camerieri d’Italia. Vedo il Sud come un mendicante che chiede l’elemosina ma dimentica che il palazzo davanti al quale la sta chiedendo è suo. Io continuo ad essere ottimista sul futuro del Mezzogiorno”