di Michele Vespasiano
Come già è noto da qualche mese, nei prossimi giorni (pare che la data sia quella del 13 novembre) l’Abbazia del Goleto sarà affidata, in regime di convenzione con la Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, alla comunità monastica benedettina di Montevergine che avrà cura della gestione e del servizio pastorale.
L’iniziativa, fortemente voluta dall’Arcivescovo Mons. Pasquale Cascio e dall’Abate Dom Riccardo Luca Guariglia, è salutata con piacere da quanti frequentano assiduamente il cenobio in agro santangiolese, fondato da San Guglielmo da Vercelli nel 1133 e che qui visse il suo transito terreno nella notte tra il 24 e il 25 giugno del 1142.
Non conosco i dettagli della convenzione, che è stata fatta convenuta anche dal Comune di Sant’Angelo dei Lombardi, proprietario di parte del complesso monumentale, cosicché non mi riesce di dare un giudizio complessivo su questa iniziativa che, ad ogni modo, saluto in maniera positiva. Non fosse altro per il ritorno storico dei Verginiani nell’abbazia goletana, dopo la sofferta stagione segnata dalla presenza di Padre Lucio Maria De Marino.
Un auspicio, però, lo voglio avanzare: che assieme ai monaci possa tornare tra le mura dell’antica abbazia se non il corpo di San Guglielmo quantomeno una sua rilevante reliquia.
Voglio ricordare a quanti non lo sapessero che le spoglie terrene del Santo Fondatore sono state al Goleto fino al 1807, allorché, su pressione dell’Abate del tempo, che volle sottrarle alle ingiustificate mire di Lioni, Nusco oltre che di quelle di Sant’Angelo, il re di Napoli Giuseppe Bonaparte, durante il cosiddetto “decennio francese” (che soppresse gli ordini monastici ma non quello verginiano), autorizzò la traslazione a Montevergine del corpo di San Guglielmo. Un colpo ad effetto che servì ad affondare definitivamente le speranze di rinascita del complesso religioso santangiolese, già in rovina dopo l’abbandono delle ultime monache che avevano resistito alle indigenze alle quali erano state lasciate.
Sì, ritengo che sia giusto che ora che l’Abbazia è tornata a splendere per fama e per lavori effettuati sia conservata e venerata tra le antiche mura una insigne reliquia delle sacre spoglie di Guglielmo; che oltretutto resterebbe affidata alla custodia degli stessi monaci che a Montevergine si prendono cura del tumulo funebre del Santo e alla devozione di quanti ininterrottamente visitano l’abbazia goletana, partecipando ai riti e alle cerimonie religiose che dal 1973 (ma anche prima, in verità), con l’arrivo di Padre Lucio sono diventati una costante in quel complesso monastico.
Ecco, a proposito di Padre Lucio, che disobbedendo al suo abate scelse di vivere in povertà tra i ruderi informi del Goleto, devo dire che pure lui, avviati i lavori di ricostruzione e restauro del complesso monastico, grazie anche alla sua testarda visione cenobitica, auspicava di potersi chinare in preghiera davanti ai resti mortali del Santo Fondatore, ritornati tra le mura dell’antica abbazia. Lo si accontenti!
Sarà possibile dare concretezza a questo mio auspicio? Non so. Posso solo accompagnarlo da una considerazione: i fedeli devoti di san Guglielmo sono anche in Alta Irpinia, e non sono meno numerosi e meno ferventi di quelli che s’inerpicano lungo le balze del Partenio.
Insomma, chi può si spenda perché anche l’Abbazia del Goleto possa avere una sacra reliquia di San Guglielmo da Vercelli, che questa abbazia volle fortemente e fortemente amò fino alla sua morte.