Una telefonata allunga la vita è il titolo di un celebre spot interpretato da Massimo Lopez. Evidentemente gli italiani telefonano di meno, forse perché anno meno telefonini o meno soldi per le ricariche, o forse il messaggio dello spot non è veritiero. Quel che è certo è che due giorni fa è stato pubblicato un rapporto scientifico che ci comunica un’informazione sconvolgente: nel nostro paese per la prima volta nella Storia cala l’aspettativa di vita degli italiani. Nel 2015 l’aspettativa di vita è calata, rispetto al 2014, passando per i maschi da 80,3 anni a 80, 1 e per le donne da 85 anni a 84,7. Dal dopoguerra in poi in Italia la durata media della vita è andata sempre progressivamente innalzandosi, tanto che secondo le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’Italia era il quinto paese al mondo per l’aspettativa di vita delle donne ed il settimo per l’aspettativa di vita per i maschi. Basti pensare che nel 1974 la speranza di vita alla nascita era di 66,6 anni per gli uomini e 75,9 per le donne. La lunghezza della vita dipende dalla natura, ma la natura non subisce mutamenti. Quello che cambia è il contesto economico, sociale, culturale, ambientale in cui si sviluppa la nostra esistenza. Questo contesto incide sul nostro benessere, sulla nostra salute e quindi sulla durata e sull’aspettativa di vita. In Italia l’aspettativa di vita è cresciuta progressivamente perché dal dopoguerra sono migliorate costantemente le condizioni della popolazione; è migliorata la salubrità dell’ambiente con l’estensione dei sistemi fognari e l’accesso generalizzato all’acqua potabile e all’energia elettrica; è migliorata la tutela sanitaria della popolazione mediante l’estensione delle vaccinazioni e dell’accesso alle cure mediche e ai trattamenti ospedalieri; è migliorata la qualità dell’alimentazione col restringersi delle aree di povertà; è migliorato il livello dell’istruzione attraverso l’accesso generalizzato alla scuola pubblica; è migliorata la condizione socio-sanitaria della popolazione anziana attraverso la copertura del sistema pensionistico e del sistema sanitario, sono migliorate le condizioni di protezione dei lavoratori che esercitano attività usuranti. Queste condizioni di contesto che hanno migliorato la qualità e la durata della vita della popolazione italiana non sono state frutto del caso, ma sono frutto della politica. Di una politica che, nel bene o nel male, con gradi diversi, dal 1948 fino a qualche anno fa si è sviluppata lungo il sentiero tracciato dalla Carta costituzionale che impone alle istituzioni di tutelare la salubrità dell’ambiente; di assicurare cure mediche adeguate a tutti; di fornire un sistema di istruzione che assicuri il pieno sviluppo della personalità; di garantire ai lavoratori una retribuzione adeguata ai bisogni di vita; di assicurare l’assistenza sociale a tutti coloro che ne hanno bisogno; di impedire che l’attività economica si svolga in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. Quindi se dall’instaurazione della Repubblica è progressivamente cresciuto il benessere della popolazione, questo è merito della politica, di una politica che si è sviluppata lungo i binari indicati dalla Costituzione. Quando cambia il contesto e vengono demoliti i fattori che assicurano il benessere della popolazione, la curva della durata della vita si accorcia inevitabilmente. Questo è avvenuto in modo drammatico in Russia negli anni successivi al tracollo del sistema socialista. In pochi anni l’aspettativa di vita è diminuita di 5 anni perché l’ingresso forzato della Russia nel mercato capitalistico ha distrutto i sistemi universalistici di protezione sociale vigenti nell’Unione Sovietica. Adesso tocca all’Italia, le cure che altri hanno imposto al nostro paese e che vengono attuate con zelo dai nostri governanti (abbiamo fatto i compiti a casa) cominciano a produrre i primi risultati in termini di crollo del benessere della popolazione. In Campania abbiamo ben presente il problema della crescita dei tumori legata all’inquinamento ambientale. In tutt’Italia avvertiamo il peso della riduzione della copertura sanitaria, che pesa soprattutto sulle spalle dei più poveri (basti pensare al cosiddetto “ decreto appropriatezza”, che restringe il carattere universale della medicina preventiva. Lo sfaldamento dei caratteri universalistici dello Stato sociale determina l’inversione della curva della vita. Chi dobbiamo ringraziare?