di Felice Santoro
“Non abbiamo più nessuno da amare”. E’ proprio l’incipit che segna il testo, l’adesione religiosa è diventata minoranza e la società si è laicizzata. L ’impostazione morale di matrice giudaico-cristiana si è basata sul principio ‘Ama Dio e ama il prossimo come te stesso’ e si è protratta fino alla fine dell’Ottocento. Nel Novecento irrompe Nietzsche che sentenzia Dio è morto. Nel nuovo e terzo millennio Luigi Zoja rileva che è possibile affermare che anche il prossimo è morto.
Zoja è uno psicoanalista junghiano, assai noto anche fuori dai nostri confini, e dedica ad Umberto Galimberti il saggio del 2009 La morte del prossimo, che conserva intatti i numerosi stimoli e le questioni che solleva. L’autore ricorda che gli anni successivi al proclama di Nietzsche sono stati definiti post-ideologici e sostiene che non c’è ancora una definizione per i tempi attuali ; non vorrebbe che fossero inquadrati come “post-umani”. Nel Novecento la fede, anche per i credenti, si è ridotta a qualcosa che riguarda il privato. “La morte di Dio ha svuotato il cielo” e Il vuoto è stato colmato dalla scienza e dall’economia, che sono le nuove divinità.
Se è l’uomo al centro e non più Dio, si corre il rischio che si resti incantati di fronte ad una star trasformata in un modello mentre chi è vicino risulta indifferente per i suoi naturali limiti. I rapporti sono spesso virtuali, ci si priva del bisogno di un abbraccio; l’intimità ha bisogno di vicinanza, di contatti reali, fisici, risulta repressa ed arriva ad essere sostituita da una sessualità violenta. Aggiunge che le nostre solitudini trovano compagnia in un “display del cellulare, nello schermo del computer portatile ed anche il cartellone pubblicitario ha imparato a seguirci. Insieme sono la nostra famiglia”.
L’utopia ha perduto connotati sociali e ha sposato una logica totalmente individualistica. Ormai la mente è colma di “realtà virtuale, il fisico di salutismo e chirurgia estetica. La superficie dell’uomo- letteralmente: la sua pelle – è diventata la superficie del mondo”. Si è in un circolo vizioso: l’uomo lasciato solo incontra la depressione, nello stesso tempo non ha le energie per incontrare il prossimo. Intanto avanza “la rivoluzione mondiale dei ricchi” e la competizione esasperata ha anche trasformato le persone, che hanno abbandonato la prudenza e la serietà e si sono trasformate in ciniche e senza scrupoli. Amaramente sostiene che “la res publica è diventata res privata”. E “ il prossimo diventa sempre più remoto … Se non ci sono né le mani di Dio né del prossimo, forse stiamo tutti cadendo”.
La Rivoluzione francese con i suoi ideali sembrava aver dato una svolta, ma la fraternità e l’uguaglianza si sono scontrate con la libertà che antepone il singolo ai bisogni sociali. Questa aporia non può trovare soluzione ma solo una composizione, un giusto equilibrio. Con il secolo in corso la dimensione individuale è la regola e la solidarietà l’eccezione. Dopo la seconda guerra mondiale il mondo è diviso in blocchi e con l’inizio della guerra fredda la sfera comunista abbraccia i valori collettivi e il capitalismo occidentale l’individuo come valore. Arriva il Sessantotto e l’Occidente sembra rilanciare l’aspetto sociale ma il riflusso coinvolse studenti, operai ed intellettuali che si diressero verso una vita borghese.
Nel terzo millennio la scelta è chiara: “Si vota per partiti che promettono sicurezza, non ideali”. A cominciare dagli anni settanta il cammino intrapreso sia ad Est che ad Ovest e nel Terzo mondo fu simile, il principio cardine si condensò in un verbo: “Arricchirsi”. “La solidarietà conosce il sonno, il desiderio non dorme mai ”. In questo secolo non sono solo le chiese a svuotarsi, succede anche nella società civile. Crollano i partiti e i sindacati che in Europa sono frutto di ideologie. “Lo svuotamento delle chiese è l’aspetto fisico della morte metafisica di Dio. Lo svuotamento delle associazioni civili lo è della morte del prossimo”. E’ mancata una doverosa autocritica in Occidente, travolto da un “consumismo individualista acritico e le società postcomuniste erano ansiose di imitarlo”. Stava trionfando il vero protagonista, “il mercato assoluto”.
Nel ventesimo secolo era prevalso il latino cum . Comunità, cum-munus, espressione dell’amore evangelico, che si è dimostrato impotente; il comunismo, con-dividere, incentrato su una redistribuzione materiale, che ha raggiunto un ridimensionamento ancora maggiore; il conservatorismo, con-servare, è il vincitore del secolo, con effetti opposti al senso vero del termine che indica una tutela dei sentimenti di solidarietà a cominciare dall’ambiente e da un patrimonio di cultura. In verità comunque il cum si è imposto, come cum-sumere, il consumismo.
Zoja sostiene che la tecnologia ha spinto molto verso una disumanizzazione dei rapporti, una oggettiva involuzione, e chiude le sue riflessioni con un interrogativo. E’ possibile provare amore o soltanto arrivare a conoscere chi è lontano? Resta intatta la richiesta, e cita l’apostolo Tommaso, “ a voler toccare”, permane la nostalgia di un incontro.
Il suo ultimo libro, pubblicato lo scorso anno, dal titolo ‘Narrare l’Italia. Dal vertice del mondo al Novecento’, spazia dalla storia alla letteratura e giustifica ulteriormente la definizione di Antonio Scurati “Uno dei pochi autentici pensatori italiani contemporanei”.