La partita è finita da qualche minuto ma la città già sembra impazzita. Clacson a tutto spiano, tifosi che sfrecciano in auto con le bandiere, traffico bloccato al Tribunale e a piazza Kennedy. Il tempo appare come sospeso, come se il triplice fischio dell’arbitro avesse interrotto il regolare scorrere delle ore. C’è spazio solo per l’esultanza e il tripudio, lo dimostrano i giovani e meno giovani che si ritrovano davanti ai bar per brindare, le famiglie che si dirigono verso Piazza Libertà o al Tribunale per godersi la festa, ragazzi che fanno selfie a tutto spiano e si sentono proiettati all’improvviso in una realtà che non conoscono. La prima impressione, camminando per le strade di Avellino, è quella di una serata attesa da una vita e si fa quasi fatica a credere che sia arrivata, che stia accadendo proprio ora. La seconda, mentre ragazzi lanciano fumogeni ovunque e le moto corrono a tutta velocità con i tifosi urlanti, è quella di trovarsi di fronte a un’atmosfera così insolita, a una frenesia tale da averne quasi paura. Poichè, in fondo, tutto potrebbe succedere. Malgrado ciò, la festa è bellissima, la gioia di uomini e donne di tutte le età, a partire dai piccoli, fa quasi commuovere. In qualche bar ci si sorprende a parlare con tifosi che vivono da anni ad Alessandria, a Udine, a Torino, che avrebbero voluto andare a Potenza “te lo dicono praticamente tutti quelli che incontri” ma almeno sono qui a godersi la festa, come a ribadire che quel legame che stasera esplode esisteva da anni, che certi traguardi sono il frutto di anni di amore e fedeltà. Mica si improvvisa il tifo, è roba seria. Lo dirà persino il vescovo Aiello nell’omelia del giorno dopo che nell’energia, nel tripudio della città ci deve essere un seme di speranza, un desiderio di riscatto che la città continua a coltivare nelle forme più diverse, decisa a non rassegnarsi al proprio destino. E forse anche da lì si può ripartire.
A dirla tutta, qualcuno che esagera c’è, come i ragazzi che bloccano il traffico al Tribunale, con la loro esultanza e i loro brindisi e impediscono persino agli autobus di linea di passare, anzi si arrampicano sul tetto pur di esultare e farsi la foto di rito. Ecco, in quei momenti un po’ di dubbio viene su quali limiti la gente sarà disposta a calpestare pur di godersi la serata e sul fatto che sarebbe bastata la presenza di una squadra di polizia municipale a impedire certi eccessi. Poi, di tanto, in tanto, l’ennesimo fumogeno che colora la sera e fa scena ma finisce spesso con il creare anche caos e indispettire, soprattutto quando è lanciato nel bel mezzo della folla. Mentre qualcuno cerca di convincere i buontemponi a scendere dall’autobus e l’autista finalmente può completare il suo turno, altri giocano a farsi foto con le enormi sagome a forma di B, grandi protagoniste della serata, per immortalare il momento ed è sorprendente scoprire come tantissime siano le donne, anche non giovanissime, che partecipano alla festa. Intanto, provi in tutti i modi a ricongiungerti con parenti e amici ma le distanze sembrano abissali…..con la folla e il traffico. Lungo Il Corso la festa ha tinte più pacate, lì ci va chi vuole esultare ma senza fanatismi ed eccessi, si passeggia, si esulta con qualche bandiera, magari vestiti con tute biancoverdi e l’immancabile sciarpa, al massimo si balla sui ritmi di “Notti magiche” davanti a qualche locale ma nulla di più. E così si ha persino il tempo di salutare un amico, mentre la folla si raduna in piazza Libertà, una piazza che alle 22 è già quasi piena con un bellissimo colpo d’occhio di bandiere e colori, gli immancabili fumogeni, clacson e trombette.
Tutti si dirigono al Palazzo della Provincia per attendere gli intrepidi, alcuni cercano anche di entrare per abbracciare dal vivo gli eroi, in tanti hanno preparato striscioni megagalattici mentre in cielo c’è lo spettacolo di fuochi d’artificio, che un po’ il dubbio che sia il 31 dicembre e che quella sia la festa di fine anno viene. Le suggestioni sono tante, chi ha vissuto l’Avellino della serie A ripensa a quegli anni, chi non ha mai vissuto il grande calcio non crede ai propri occhi, quel che è certo è che la nostalgia per quello che è stato capace di fare l’Avellino negli anni di Juary e Vignola è dietro l’angolo. E poi li vedi, sono lì, sono i ragazzini che vogliono salutare i calciatori e ringraziarli per quell’impresa che sa di miracolo per una città come Avellino, costretta a fare i conti con lo spopolamento, un’amministrazione traballante e con istituzioni nelle quali non tutti si riconoscono. L’attesa è lunga ma si sa, fa parte del copione, mentre qualcuno spintona e verrebbe voglia di andarsene, si affaccia il sindaco Laura Nargi che saluta, esulta, scatta selfie, ricorda che quella vittoria è anche un po’ sua, ritrae la folla in festa, poi compare anche il giornalista Gigi Marzullo e l’atmosfera è tale che, colpa dei soliti fumogeni, ti aspetti di veder comparire anche Mattarella o Carlo e Camilla d’Inghilterra. Poi la voce di Catello risuona e chiede di fare le cose per bene, intonando le strofe e facendo sentire l’urlo della piazza o meglio del popolo, come lo chiama lui. Mentre le bandiere sventolano a più non posso e tornano a comparire i fuochi d’artificio. Poi eccoli gli eroi arrivare sul terrazzo, accolti da un’ovazione, Lescano, Patierno, Sounas, tutti gli striscioni sono issati in alto e naturalmente tu che stai dietro non vedi praticamente nulla o quasi, così ti barcameni a destra a sinistra, rischi di cadere per fare qualche foto e inquadrare il balcone degli eroi ma poi ti accorgi che anche senza striscioni, si vede ben poco a causa del fumo. Poi si dirada e loro sono lì, allegri e bellissimi, saltano, “l’immancabile chi non salta è di Salerno…” salutano il pubblico, ringraziano, invitano i tifosi a cantare più forte mentre compare anche il presidente Angeloantonio D’Agostino col figlio e Patierno, tra i più scatenati, mostra lo striscione raffigurante la sua foto con la scritta “So Chicco”. I tifosi consegnano ai calciatori loro bandiere, si grida, si canta, fino a tarda notte e per un attimo ti ripeti che, si, deve essere stato tutto un sogno, con una città mai così viva come questa notte. Una notte da raccontare. Anche se sai che forse non servirà a cambiare le sorti del capoluogo e della sua gente, va bene così questa volta.