di Virgilio Iandiorio
Gli antichi latini, che in materia di vacanze o di otia se ne intendevano, avevano questi nomi per indicare le vacanze estive: rusticatio, tempora aestiva, feriae aestivae o semplicemente aestivae; ma per indicare l’azione vera e propria di essere in vacanza o di andare in vacanza usavano dire: rusticari, ruri esse o ruri vivere, aestivare, ire rusticatum. Le radici di questi verbi ci rimandano sempre ed esclusivamente alla campagna, che i latini chiamavano rus- ruris.
In una lettere indirizzata all’amico Minucio Fundano, così scriveva Plinio il Giovane (61/62 -114 d. C.) a proposito di vacanze: “C’è da restare meravigliati come di ogni singolo giorno trascorso a Roma si possa giustificare, o si creda di poter giustificare, come lo si è impiegato; se invece se ne prendono parecchi insieme, non lo si può più…Tutte queste occupazioni sono necessarie nel giorno in cui le disbrighi, ma se consideri che sono le medesime tutti i giorni, allora ti si mostrano in tutta la loro vacuità, e soprattutto quando ti sei ritirato nella pace campestre. Allora infatti ci ripensi ed esclami: Quanti giorni sprecati in faccende così insulse!”.
Quello che poi il vacanziere latino faceva nel suo ritiro in campagna, è subito dopo spiegato dallo stesso Plinio: “Che vita genuina e schietta! O pace dolce e nobile, e più bella, quasi, di qualsiasi operosità! O mare, o spiaggia –voi che siete una vera sede delle Muse sottratta alla folla- quanti pensieri fate sorgere in me, quanti me ne suggerite!
Perciò anche tu, alla prima occasione, abbandona questo frastuono in cui sei immerso, questo tuo vano correre qua e là e queste tue fatiche totalmente prive di senso e datti agli studi o al riposo! Infatti –come disse, con tanta acutezza e con altrettanto brio, il nostro Atilio (Scauro): è preferibile riposarsi che non far nulla” (Plinius, Epistularun libri decem, liber sextus)
Tanta insoddisfazione, provata oggi da molti, che pur vanno in vacanza, nasce forse dal fatto che la villeggiatura non è un riposarsi, ma semplicemente un “non far nulla”.