“Mi sono sentita sbagliatissima ma oggi mi sento più giusta che mai perchè ci siete voi. Mi guardo intorno e vedo tante persone che non avevano il coraggio di far sentire la propria voce sfilare oggi con orgoglio”. Lo ripete con forza Big Mama, che non nasconde la propria commozione nell’aprire il Pride di Avellino, promosso da Apple Pie Arcigay con il patrocinio di numerosi Comuni, da Avellino ad Atripalda e Mercogliano, rappresentati dai loro sindaci. E’ lei stessa a chiedere, durante una delle soste del percorso, a chi abbia voglia, di prendere il microfono e fare coming out. “Ogni gesto conta. Ogni piccola goccia, ogni parola detta è importante. Non dobbiamo avere paura del luogo in cui siamo nati, non dobbiamo immaginare che non sia possibile abbattere pregiudizi e discriminazioni. Anche questa città sta cambiando”. Sottolinea come “viviamo un tempo difficile, caratterizzato da un preoccupante acuirsi di discriminazioni su tutti i fronti. Ma non possiamo rispondere all’odio con l’odio. Non possiamo dimenticare quei popoli che oggi soffrono ancora più di noi”. E rivendica il legame forte con l’Irpinia “Amo la mia terra e la sua cultura. La cosa più bella del tornare qui è andare a casa delle mie zie e toccare con mano il loro affetto mentre mi chiedono della mia fidanzata”.
Natascia Maesi, presidente di Arcigay pone l’accento sulla necessità di non restare indifferenti “in questo tempo di lotta e disobbedienza dobbiamo rispondere agli attacchi che subiamo. Se non saremo noi a mobilitarci, nessuno lo farà per noi. Ancora una volta a decidere sui nostri corpi, quando si parla di aborto, di percorsi di affermazione di genere, di procreazione medicalmente assistita, non siamo noi, non sono le persone lgbt, non sono i trans, non sono le persone non binarie la cui voce viene silenziata. Oggi, più che mai, i diritti conquistati, le libertà sono sotto attacco”. Ribadisce come siamo “il paese più transfobico d’Europa, tra i pochi stati a non avere una legge contro la discriminazione legata all’orientamento e all’identità sessuale. Dall’inizio del 2025 si sono registrati 48 casi tra femminicidi, lesbicidi e transcidi, per questo governo non esistiamo, i percorsi di affermazione di genere sono ostacolati, le famiglie omogenitoriali fuori legge, si censura la libera stampa, si approva un decreto sicurezza che limita il diritto a manifestare, si protegge chi inneggia al fascismo, come se il fascismo non fosse un crimine”. Maesi rivendica la necessità di scendere in piazza “La violenza arriva dalle istituzioni attraverso discorsi di odio antigender, l’ideologia gender diventa, attraverso una falsa propaganda, uno spauracchio, il mostro da combattere come succede anche con i migranti, con le persone con disabilità, con i più deboli. Noi resistiamo, vogliamo decidere delle nostre vite, siamo convinti che non ci possa essere una legge contro il femminicidio senza istituire l’educazione sessuale nelle scuole, senza combattere ogni forma di sessismo, che sia necessario sostenere consultori e centri antiviolenza. Chiediamo il diritto alla genitorialità per le famiglie della comunità lgbtq+, che sia garantita la laicità dello Stato e la fine della guerra a Gaza”. E ricorda come “Siamo qui anche per chi non può esserci”.
E’ Franco Grillini, storico presidente di Arcigay, a ricordare il lungo cammino percorso “Eravamo in 150 quando nel 1982 veniva inaugurato il primo circolo a Bologna. Lo scorso anno sono stati oltre 55 i pride in tutta Italia, a sfilare oltre un milione di persone. E’ la conferma di come i pride siano manifestazioni di popolo, in molti casi condivisi anche dagli etero. A scendere in piazza sono soprattutto i giovani, tra i quali c’è la futura classe dirigente del nostro paese, di questa sinistra sfiatata”. Ricorda il contributo di uomini come Gino Campanella e Giampaolo Silvestri “insieme ai quali abbiamo ottenuto una legge sulla protezione internazionale che ha consentito a ventimila tra gay, lesbiche e trans di arrivare in Italia e ricostruire la propria vita”. Punta l’indice contro la mascolinità tossica “che è la causa dei femminicidi, da combattere in ogni modo”, ricorda i gay e le lesbiche morti nei campi di concentramento, e sottolinea come la memoria è sempre politica ma è anche movimento.
Lorenzo Balducci ribadisce come “i Pride sono per me un terreno di lotta più che una festa, poichè ancora oggi sono tanti i gay, le lesbiche i trans che continuano ad essere discriminati, aggrediti o uccisi per il loro orientamento sessuale. La congiuntura politica non ci aiuta, il governo ci ignora, nasconde quella che è una vera emergenza. Il paradosso è che dobbiamo combattere non solo per i nostri diritti ma anche per difendere le nostre vite. Ciascuno di noi potrebbe essere vittima di quest’odio, di questa violenza”. Christian Coduto di Apple Pie parla dell’unione che fa la forza “Ancora oggi sono tanti i ragazzi che ci chiedono aiuto, perchè le famiglie, gli amici, il datore di lavoro fanno fatica ad accettarli. Ecco perchè è ancora importante sfilare, per offrire una luce a chi si sente perso. Anche se resta l’amarezza per la necessità di dover conquistare, passo dopo passo, diritti che ci dovrebbero spettare di diritto”
Chloe Facchini, affermata chef, pone l’accento sulle discriminazioni legate all’orientamento sessuale che caratterizzano anche il mondo del lavoro “Sono contenta di aver dimostrato che è possibile fare televisione e mostrare i nostri superpoteri”. Lancia un appello forte “Non dobbiamo restare nascoste, l’amore è universale, non dobbiamo smettere di rivendicare i nostri diritti. Non è accettabile che le unioni civili non siano considerati matrimoni egalitari, che le nostre siano famiglie di serie B”. Emanuele e Ludovica sono giovanissimi, sottolineano quanto uno spazio come Avionica sia stato fondamentale nel processo di costruzione della propria identità, attraverso serate in cui ciascuno era libero di essere sè stesso, in una città che fa fatica ad accogliere chi si differenzia dai comportamenti della massa. Ma pongono l’accento anche sul legame stretto tra capitalismo e patriarcato, sulle discriminazioni ai danni delle minoranze, non così diverse dallo sfruttamento dei lavoratori e degli animali. Importante anche la testimonianza di don Fabio Mauriello e Stefania De Vito della Pastorale dell’Inclusione che ricordano come “Dio ci ami per quello che siamo, nella consapevolezza che la diversità è un dono. Costruire una pastorale dell’inclusione deve essere innanzitutto un progetto concreto”. E poi ancora Maria Esposito, mamma di Vincenzo Ruggiero giovane di 25 anni ucciso brutalmente il 7 luglio del 2017, le famiglie di Agedo, Sirio Nespola, in prima linea sul fronte dei diritti, lo psicologo Francesco Garzillo, Ivana e Roberta, il loro Luigi è il primo bimbo a risultare iscritto all’anagrafe come figlio di due madri, ciascuna delle voci consegna una storia di sofferenza e lotta per i propri diritti. O ancora Vincenzo Romano che racconta la difficoltà per gli omosessuali di essere riconosciuti come famiglia. Dopo la scelta di mettere al mondo due figli, attraverso la Gestazione per Altri insieme al compagno Aniello, la tragedia della morte dell’uomo amato. Vincenzo resta solo, torna in Italia a causa dell’emergenza Covid ma deve fare i conti con la legislazione italiana: “All’anagrafe potevo essere registrato come genitore soltanto del mio figlio biologico. Sino a luglio 2020 sulla bambina, la figlia biologica di Aniello che non c’era più, non avevo nessun diritto fin quando non sono diventato tutore dopo la decisione del giudice del Tribunale di Napoli. In quei mesi di attesa, se lei avesse dovuto fare una vaccinazione, una visita in ospedale o affrontare un’emergenza io in pratica non sarei potuto nemmeno restarle accanto’’. Parole accompagnate da canti, balli, striscioni perchè non si deve più avere paura, in quella piazza è possibile essere finalmente sè stessi, amare chi si vuole, lo ripetono in particolare i giovani che non hanno mai smesso di credere nel potere dei sogni e dell’amore, nella forza del cambiamento.