Non basta votare un bilancio, quello dell’Alto Calore, per dire che tutto è a posto. L’estate irpina, da almeno tre anni, è diventata un inferno per le comunità della provincia. L’emergenza idrica irrisolta, e già altri Comuni sono arrivati alla esasperazione: l’ultimo è quello di Montecalvo, dove i cittadini stanno organizzando un Comitato che, come ha chiesto l’opposizione in quel consiglio comunale, vede in prima linea proprio il promo cittadino. Intanto, da Grottaminarda, arriva la voce del Comitato “Uniamoci per l’acqua”. Dalla cittadina ufitana si lamentano dei “cantieri che non partono, i fondi fermi nei cassetti e le riparazioni mai fatte”. Qualcosa che spinge “ad accettare la privatizzazione del servizio idrico come “ultima spiaggia”.
Uniamoci per l’acqua sostiene il “no” a ogni privatizzazione. In quanto “l’acqua non è merce”. E aggiunge: “Chi oggi predica “partner industriali” e “finanza di progetto” dimentica (o nasconde) che: il capitale privato entrerebbe con un’esposizione minima ma con il 49 % degli utili garantiti; le tariffe salirebbero per remunerare il profitto, non per ridurre le perdite; la proprietà di reti e sorgenti resterebbe pubblica solo sulla carta, consegnata di fatto a consigli d’amministrazione blindati”.
Per il Comitato di Grottaminarda l’istituzione di cinque enti equivale ad avere “cinque poltronifici: Alto Calore, Provincia, Regione, Autorità d’Ambito, Dipartimento nazionale – continua “Uniamociper l’acqua”-: una giungla di competenze che produce zero soluzioni e centinaia di seggiole ben retribuite. I ritardi non sono casuali: più passaggi, più incarichi, più stipendi”.
La Regione Campania, scrive ancora il Comitato, “tiene in stallo 100 mln di euro per creare il “vuoto” che giustifichi il socio privato”. L’Alto Calore, invece, sarebbe “complice: segnala l’emergenza ma non pubblica un cronoprogramma su reti e perdite”. Non risparmia nemmeno i sindaci che “invece di fare fronte comune, si spartiscono incarichi negli enti di controllo”.
Governo
Così come il governo centrale che, per il Comitato grottese, “resta muto: nessuno stato di emergenza, nessun commissariamento, perché il caos fa comodo ai futuri investitori”. E poi Uniamoci per l’ acqua passa alle richieste: “Stato di emergenza nazionale con un solo commissario pubblico, temporaneo, vincolato alla riduzione delle perdite. Cantieri immediati sulle tratte critiche già finanziate; trasparenza totale su spesa e tempi. Scioglimento degli organismi inutili: le funzioni si accentrino in un’unica cabina di regia pubblica, senza gettoni né poltrone aggiuntive”. E conclude: “I responsabili di questo disastro non potranno più rifugiarsi dietro “procedure complesse” o “situazioni ereditate”. Ogni ulteriore ritardo confermerà che l’obiettivo è svendere l’acqua al miglior offerente”.