“Un universo di disperazione in cui è sempre presente una luce di speranza”. Spiega così Donatella Donatelli lo spazio in cui il suo sguardo di fotografa incontra l’universo poetico di Dante e di Leopardi nell’ambito della mostra “Dante+Leopardi”, inaugurata ieri al Carcere Borbonico, parte integrante di Portfolio, un ciclo di mostre, ideato e promosso dall’Amministrazione Provinciale di Avellino, dedicato alla meravigliosa arte della fotografia.”Sono partita – spiega Donatelli – da un progetto dedicato a Leopardi, in occasione dei 200 anni dell’Infinito, per poi cominciare uno studio su Dante Alighieri in occasione dei 700 anni dalla morte. Un percorso frutto dell’esame attento delle loro vite e dei temi della loro produzione. Le immagini che propongo sono cariche di simboli che richiamano i versi di alcune loro opere”. E’ la curatrice Chiara Reale a sottolineare come Donatella abbia una grande capacità di entrare in ciò che racconta, cogliendone l’essenza “Come i miniaturisti benedettini, studia e decodifica ogni testo con rigore e lo rilegge secondo il suo sguardo. Nella sua mostra troviamo i grandi temi universali su cui si sono interrogati i poeti di ogni tempo, a partire da Dante e Leopardi, dalla sofferenza dell’uomo all’amore fino all’esilio. Ma l’abilità di Donatella è quella di tradurli in un messaggio che parli all’uomo di oggi, a partire dai valori di fraternità e pace, utilizzando un medium assolutamente contemporanea che si apre anche alle sfide dell’Intelligenza Artificiale grazie alla collaborazione di Gianni Papa. Ad accompagnare la mostra tre video che illustrano immagini e versi per restituire il legame che li unisce. Ci troviamo così di fronte a contrasti cromatici netti con la scelta del bianco e nero combinati al rosso, all’oro e al verde – ogni posa, ogni sguardo, ogni minimo dettaglio scelto per lo scatto ha un significato allegorico preciso ma che l’autrice decide di non svelare, lasciando al fruitore la possibilità di essere parte attiva nella decodificazione del simbolo oppure di lasciarsi trascinare dal flusso delle immagini in successione”.
Centrale nella ricerca di Donatella la figura della donna “che ha mille sfaccettature – spiega l’artista – e meglio si presta a incarnare l’universo di simboli della mia ricerca”. Quindi sottolinea la scelta di proporre nel percorso dedicato a Leopardi delle foto a rilievo, così da garantire la fruibilità dell’arte anche agli ipovedenti”. Ed è un universo suggestivo quello che consegna Donatella, ritroviamo le immagini di Prudentia, Iustizia, Fortitudo e Temperantia che assumono la valenza di dee e insieme madri “I’mi volsi a man destra/e puosi mente a l’altro polo, e vidi quattro stelle non viste/mai fuoir ch’la prima gente. Goder pareva ciel di loro fiammelle:/oh sottentrional vedovo sito/poi che privato se’ di mirar quelle”. Mentre l’Infinito, l’immensità in cui si annega il pensiero del poeta ci consegna l’immagine di un uomo raggomitolato su di sè, al centro di un cerchio rappresentato da un serpente, come a richiamare il bambino nel ventre materno, come se il mare in cui “mi è dolce naufragare” si trasformasse nel liquido amniotico materno. Mentre la solitudine evocata da La Ginestra viene resa attraverso un’umanità immortalata come su un palco, a ricostruire quella social catena che è l’unica salvezza dell’uomo, un abbraccio di uomini e donne a cui si contrappone l’uomo nudo e solo che li osserva “e quell’orror che primo/contra l’empia natura/strinse i mortali in social catena,/fia ricondotto in parte/da verace saper 18, l’onesto e il retto/conversar cittadino,/e giustizia e pietade altra radice/avranno allor che non superbe fole/ove fondata probità del volgo/cosí star suole in piede/quale star può quel c’ha in error la sede”. Dal Dialogo della Terra e della Luna in cui due donne campeggiano nell’immagine, una nella luce, l’altra nell’ombra ad Aspasia raffigurata come una donna bellissima con tanto di crinolina la cui immagine si riflette, fino ad apparire rimpicciolita. in uno specchio, riflessione sull’amore del poeta per Fanny Tozzetti. L’opera diventa simbolo della bellezza di “quella diva che già vita, or sepolcro, ha nel mio core” che il poeta ancora custodisce, pur consapevole di come si sia infranto l’incantesimo di quella “celeste beltà”, da Beatrice che appare in tutta la sua purezza a “Sopra il monumento di Dante”, omaggio di Leopardi al sommo poeta a partire dalla decisione di erigere a Firenze un monumento a lui dedicato. Se i versi di fanno speranza di un futuro che possa cancellare il presente del paese umiliato dalla servitù agli stranieri nel quadro la fede nella possibilità di ritrovare la libertà perdita è affidata a due donne, una con corona e scettro, l’altra con la corona che cinge il capo dei poeti, richiamo alla poesia e alla patria.