E’ nel legame tra il pensiero di Federico II di Prussia e la filosofia politica di Niccolò Machiavelli il cuore del volume di Amato Michele Iuliano “Federico Il Grande”, edito da Terebinto. Lo sottolinea bene Vincenzo Barra nella prefazione, ribadendo come Machiavelli abbia il merito di “aver messo in evidenza la necessità di un equilibrio tra pragmatismo e idealismo per il buon funzionamento del governo” e dimostra come Federico II rappresenti “un esempio eloquente di come il pensiero machiavellico possa essere trasformato in una prassi politica concreta e incisiva. La sua vita e il suo regno incarnano la tensione costante tra il consolidamento del potere e l’ambizione di lasciare un’impronta duratura nella storia europea”. Per Machiavelli, scrive Iuliano, la politica è nettamente distinta dalla morale e il politico è un artista in grado di creare un nuovo ordine e di rinnovarlo dall’interno, la stessa espressione il fine giustifica i mezzi è una forzatura, poichè l’autore del Principe ricorda semplicemente che alcuni comportamenti, anche non eticamente accettabili, sono necessari per garantire il mantenimento del potere. Ecco perchè rappresenterà sempre un riferimento per Federico, consapevole che “il potere non è mai stabile e che la capacità di adattarsi alle circostanze mutevoli è fondamentale per un sovrano di successo…Federico riconosceva che la gestione efficace del potere richiedeva non solo forza ma anche astuzia, diplomazia e la capacità di usare le risorse a disposizione nel modo più strategico possibile”.
Si spiega in questo senso anche la scelta del sovrano di Prussia di rafforzare le istituzioni militari, promuovere riforme economiche e sociali e costruire un’immagine di sè come leader illuminato. Ed è proprio l’esercito uno dei punti di forza del Regno, contraddistinto dal forte legame etico del dovere religioso dell’obbedienza e dalla ferrea disciplina con tanto di disumane punizioni corporali con ufficiali rigorosamente nobili. E’ lo stesso Federico, inoltre, ad addestrare tatticamente i comandanti, predisporre i piani delle campagna e guidare gli uomini in battaglia. A ciò si contrappone un’organizzazione sociale arretrata rigidamente divisa in tre classi, nobili, pilastro dello Stato e composti in larga parte da proprietari terrieri, borghesi e contadini. “La capacità di Federico – scrive ancora Vincenzo Barra – di oscillare tra l’adesione formale ai valori illuministici e l’applicazione pratica dei precetti machiavellici rivela una sintesi unica tra ideali apparentemente opposti che solo un sovrano del suo calibro poteva tentare di realizzare”. L’adesione formale ai principi illuministici è, infatti, bilanciata dal ricorso alla forza e all’astuzia, in caso di necessità. Non ha dubbi Iuliano nello spiegare come nasca l’idea del volume “Il patrimonio del passato può fornire un valido ausilio, perchè potenzialmente depositario e ispiratore di una forza e di una saggezza a cui è possibile sempre attingere, soprattutto nei momenti di difficoltà”. Spiega come “Federico è sicuramente figlio del suo tempo, il secolo dei lumi. Tuttavia, il prussiano non è un illuminista a tutto campo, bensì sui generis, nel senso che, sebbene i dettami dell’Illuminismo si riflettano nell’azione pratica, è poi spesso necessario scendere a compromessi, perchè sussiste un profondo dissidio tra etica illuministica e storica realtà di potere. Una totale applicazione di tali idee porterebbe a un sovvertimento dell’Antico Regime, eventualità che non è nelle intenzioni nè nelle possibilità di Federico, il quale, tenendo conto della verità effettuale della cosa, pone in essere un riformismo al passo con i limiti imposti dalla realtà del tempo”. La stessa politica di potenza, nella quale la guerra non è solo strumento di autodifesa, non preclude la coesistenza con gli ideali umanitari, lo testimonia la creazione di un sistema d’istruzione pubblica esteso a tutti e la fiducia nel potere della cultura di migliorare la vita di una comunità, a patto che sia il re a decidere i tempi e i modi di intervento nella sfera pubblica.
Uno studio, quello di Iuliano, che sceglie di partire da un’analisi della sua figura, dalla visione del mondo all’organizzazione della macchina militare, la strutturazione della società prussiana, il rapporto con cultura e architettura. Quindi, l’autore si sofferma su una comparazione tra il prussiano e il fiorentino, a partire da documenti mai tradotti in italiano, esaminati sempre con grande rigore, mettendo da parte letture ideologiche o strumentali di Federico, condizionate dal periodo storico della loro formulazione. Federico è tra i primi a comprendere l’importanza di una campagna di immagine che consenta di accrescere la sua fama e dunque della sfera pubblica, a partire dal ruolo giocata da una intensa produzione culturale. Si circonda di intellettuali, filosofi, letterati, ama scrivere, si dedica alla poesia, alla musica, è appassionato di architettura, come testimoniano i numerosi palazzi da lui fatti realizzare, in molti casi in stile rococò con serre, terrazze e giardini.
Iuliano smonta, attraverso solide argomentazioni, la presa di posizione da parte di Federico nei confronti del Principe di Machiavelli, Anche lì dove Federico sembrerebbe condannare Il Principe di Machiavelli, definendolo un’opera che corrompe la politica, distruggendo i principi di una sana morale, per Iuliano si tratta di un fraintendimento del pensiero di Machiavelli. Se è vero che per Federico ciò che deve dominare la politica non è l’ambizione personale del regnante ma la necessità dello Stato, è esattamente l’idea di Machiavelli, che antepone alla fortuna personale la conservazione del potere e dunque la sopravvivenza dello Stato. Del resto, per Federico azioni come rompere trattati, dissimulare rappresentano un dovere morale oltre che politico. Grande attenzione è rivolta anche ai rapporti tra Voltaire e Federico di Prussia, non sempre idialliaci, e sulla diversa idea di libertà che li caratterizza, se per Federico è un’aspirazione che si inserisce all’interno di una visione politica fondata sull’idea di potenza, per Voltaire la libertà può esistere solo nell’obbedienza alle leggi e nel dovere della tolleranza. Di qui la difficoltà di costruire un ordine politico che garantisca la libertà a tutti i cittadini. La tensione tra machiavellismo “radicato nella convinzione che la salute dello Stato costituisca il dovere supremo del principe” e antimachiavellismo di origine illuministica è presente in ogni pagina dell’analisi di Iuliano che dimostra come nel passaggio dalla teoria alla pratica sia il machiavellismo a prevalere. Lo testimonia la questione dell’aggressione alla Slesia, dettata da ambizione e desiderio di gloria, tanto da conquistarsi la reputazione di uomo “sleale, imprevedibile e malfido”, pronto a tradire sudditi e alleati. Ecco perchè Federico sembra possedere le virtù necessarie per identificare quel principe che Machiavelli sogna, è consapevole che gli equilibri di potere operano secondo i principi della necessità e della guerra, si preoccupa della felicitò dei suoi sudditi, pur stabilendo lui cosa intendere per felicitò, al punto da scrivere “Spero che le generazioni future sapranno distinguere in me il filosofo dal principe, l’uomo d’onore dal politico”. Inevitabile il confronto con il nostro tempo, con una politica dominata dai media e dai social, in cui il malessere diffuso e l’insicurezza dilagante si traducono nell’affermazione di posizioni sovraniste con una democrazia sempre più debole e delegittimata. Ecco perchè si caricano di un valore forte gli insegnamenti di Machiavelli che chiede di giudicare non “alli occhi” ma “alle mani”, verificando ciò che viene scritto o detto, partendo dalle azioni e dalle decisioni assunte. O ancora appare preziosa la lezione di un sovrano come Federico, attento alla felicità dei suoi sudditi che si contrappone alla visione della politica di oggi, preoccupata solo di conservare la poltrona. Una lezione che si affianca a quella legata all’investimento su cultura ed educazione per garantire benessere materiale, rafforzare lo Stato e libertà intellettuale. Per ribadire che “è la formazione dei cittadini a rendere possibile una governance efficiente e permette l’esplicazione di una vera democrazia”