“I tre operai morti sul lavoro a Napoli avevano 54, 62 e 67 anni. Erano tutti senza imbracatura e solo il 62enne era assunto regolarmente”: lo denuncia il Partito della Rifondazione Comunista con Elena Coccia, segretaria provinciale della federazione di Napoli e con Tony Della Pia, responsabile del dipartimento nazionale lavoro autonomo – Pmi e artigianato. “La tragedia di Napoli riflette lo spaccato di una società in cui per vivere o, meglio, sopravvivere, si è costretti a lavorare fino ad un’età avanzata, anche facendo lavori pericolosi ed usuranti ed accettando il rischio di lavorare senza contratto e senza rispettare le regole sulla sicurezza”.
“Significa lavorare sotto il ricatto di chi sfrutta la tua condizione di necessità per massimizzare il profitto, in un mercato in cui per ottenere appalti si lucra sulle uniche voci comprimibili: qualità dei materiali, sicurezza, contributi pensionistici. Un sistema perverso reso possibile dall’assenza di controlli che di fatto garantisce impunità”.
“Per capire come si è arrivati fino a questo punto basta scorrere tutti i provvedimenti che nel corso degli anni hanno reso il lavoro sempre meno tutelato e sempre più povero, mettendo consapevolmente nel conto i morti sul lavoro, ma sarebbe meglio chiamarli omicidi. Perché queste morti sono messe nel conto di un sistema capitalistico che ha come unico obiettivo il profitto. Anche a costo della vita”.