Dalle immagini di “Mezzo secolo di cinema” a cura di Paolo Speranza alla tavola rotonda dedicata allo sguardo del regista che ha segnato la storia cinematografica. Ha preso il via questa mattina “Scola, prima!”, curata da Silvia Scola insieme a Fabio Ferzetti, in programma fino al 9 agosto a Trevico, promossa dall’associazione Irpinia Mia, guidata da Mariella Calabrese, con il patrocinio dei Comuni di Trevico, Vallata, Castel Baronia, Vallesaccarda, San Sossio, Carife, Lacedonia e Frigento. Una partenza affidata ad una mostra preziosa capace di raccontare il cinema di Scola ma anche l’evoluzione della società attraverso le locandine dei film del regista, fotografie e manifesti d’epoca.
Tanti gli spunti di riflessione emersi anche dal dibattito dedicato al valore sociale e politico del cinema di Scola. A confrontarsi con Fabio Ferzetti, Marta Rizzo e Silvia Scola, critici cinematografici e studiosi come Alfonso Amendola, Massimo Ghirlanda, Paolo Speranza, Umberto Rinaldi, a partire dal volume di Vittorio Giacci dedicato a Scola. E’ Silvia Scola a porre l’accento sulla volontà di ripartire dalla lezione del padre per gettare semi sul territorio e dialogare con le nuove generazioni. Quella che vuole essere anche un’occasione per riscoprire Trevico, la sua storia e la sua gente, e per ritrovare, nel cinema di Scola, uno specchio critico e poetico del nostro presente. Di qui l’idea di un festival che vuole essere spazio di confronto e racconto del cinema di oggi e di ieri con la partecipazione di registi esordienti e affermati. Un ritratto, quello di Scola, consegnato da Giacci in un video trasmesso nel corso dell’incontro “Lo sguardo enciclopedico – sottolinea Giacci- si traduce nella pratica coautoriale, che lo vede collaborare con tecnici e musicisti o ancora nel confronto tra i personaggi di diversa provenienza sociale. Una pratica in cui le arti e la rappresentano una guida costante. E sia che i protagonisti appartengano alla nobiltà, sia che appartengano alla plebe o alla borghesia, sono interpreti di un ideale superiore, poichè, diceva Ettore, l’utopia se non c’è te la devi inventare”
E’ Amendola a soffermarsi sulla forza di un “cinema che invita a riflettere, che si fa salvezza, che si interroga sulle ragioni delle ingiustizie. Un cinema come narrazione corale, che richiama la grande tradizione di autori come Dickens, contraddistinta dall’equilibrio tra dramma e ironia, con una grande attenzione al dettaglio della vita quotidiana. Un cinema che insegna alle nuove generazioni il rapporto tra storia e microstoria, che consente di capire che la storia non è solo storia”. Fabio Ferzetti invita a riscoprire le radici dell’universo di Ettore Scola che si presenta nella redazione del Marco Aurelio con disegni e vignette sotto il braccio, ponendo l’accento sulla valenza di satira della società dei suoi film. Paolo Speranza parte dal legame tra cinema e storia che caratterizza le sue pellicole, testimoniato anche dalla sua mostra, quella che vuole essere la prima di una serie di iniziative dedicate al regista, racconto della filmografia ma anche del rapporto con gli attori e dell’idea di cinema di Scola. Grande l’emozione di Mariella Calabrese che ripercorre la storia dell’associazione Irpinia Mia, fondata nel 2008 insieme a Mariangela Cioria con l’obiettivo della valorizzazione del territorio, strettamente legata alla riscoperta del cinema di Scola. Una scommessa partita con un premio intitolato a Scola, scaturito dalla volontà di rendere omaggio al regista e concretizzatosi in numerose mostre e tavole rotonde a palazzo Scola.
Una riflessione, quella di “Scola prima!”, affidata nel pomeriggio anche alle presentazione del libro di Paolo Speranza, “C’eravamo tanto amati” (Milano, Feltrinelli, 2024) e alla proiezione del film “C’eravamo tanto amati” (1974) di Scola. In serata “Il resto di niente” (2004) di Antonietta De Lillo, film che, finito nel mirino del potere, fu difeso pubblicamente da Scola sulle pagine de l’Unità. Tratto dal libro di Striano, il film racconta la rivoluzione napoletana del 1799 attraverso gli occhi di Eleonora Pimentel Fonseca, una donna apparentemente fragile, che sembra lasciarsi trascinare dagli avvenimenti, ma capace di analizzare gli eventi con estrema lucidità. A dialogare col pubblico sarà la regista.
L’8 agosto si prosegue con l’omaggio al cinema napoletano. Alle 10.30 spazio alla Tavola rotonda: “Napoli, tra miseria e nobiltà”, introdotta dai direttori artistici e dal comitato cinema della rassegna che parleranno di cinema e cultura napoletana con Antonietta De Lillo, altri registi presenti e con il pubblico. Seguirà la visita guidata del paese alla scoperta della sua storia, dei suoi beni artistici e delle sue caratteristiche naturalistiche. Alle 16 si proietta il film “Napoli New York” (2024) di Gabriele Salvatores. Alle 18.30 “Hey Joe” (2024) di Claudio Giovannesi con la partecipazione del regista. Alle 21.30 appuntamento con Proiezione del film “Selfie” (2019) di Agostino Ferrente e il confronto con il regista.
Il 9 agosto si va alla ricerca degli archivi perduti. Alle 11.30 spazio alla Masterclass aperta al pubblico e alle scuole di Cinema del territorio sull’importanza delle immagini di repertorio e del riuso degli archivi storici Istituto Luce, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD), Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC), UnArchive Found Footage Fest, moderata dai curatori della rassegna insieme ad ospiti del settore: Vincenzo Vita, Marco Bertozzi, Enrico Bufalini, Agostino Ferrente.
Alle 16 si proietta il docufilm “Ridendo e scherzando. Ritratto di un regista all’italiana” di Paola e Silvia Scola.
Alle 18 appuntamento con il docufilm “La musica negli occhi: Fellini & Rota- Scola & Trovajoli” (2024) di Giovanna Ventura.. Alle 21 si proietta l’ultimo film di Ettore Scola ”Che strano chiamarsi Federico” (2013). A dialogare con il pubblico la sceneggiatrice Silvia Scola.