Giovanni Ventre è un aggregatore sociale di divertimento, di comunità, di cultura e tradizione. Ha sempre vissuto di passioni, d’inventiva, di sfide per il territorio, con il coraggio di proiettarsi nella modernità seppur ancorato con solidissime radici alla sua terra d’Irpinia, alle aree interne che conosce a fondo, che apprezza e vive da romantico, da animatore sociale e da raffinato chef – gestisce un agriturismo a chilometro zero – da tifoso veterano e competente dell’Avellino calcio.
La nuova sfida di Giovanni è stata fondare a Bellizzi un club biancoverde intitolato al fratello Cesare Ventre, giornalista, speaker radiofonico, tifoso, uomo di comunità vissuto in comunione con il popolo bellizzese. Studioso della storia di Avellino e di Bellizzi, ricercatore d’archivio, poeta e allenatore di calcio e tanto altro, Cesare è morto improvvisamente qualche anno fa. Una perdita per tutti e un ricordo sempre vivo per tanti.
“Questo club, che è anche associazione culturale “Il Nocchiero”, glielo dovevo”, taglia corto Giovanni, che ha allestito la sede con l’aiuto di un manipolo di amici. Hanno ripulito e tinteggiato di verde un ampio locale, dove ora si leggono sulle pareti citazioni dei protagonisti della storia dell’Avellino Calcio.
E ci sono foto e souvenir di ogni genere. Immagini di calciatori bancoverdi e sciarpe attaccate dappertutto, e bandiere e lupi. Tutto molto fusion in un caos armonioso. Un grande televisore. Poltrone e lampade, sedie e tavoli di ogni stile e dimensione. Dal soffitto ciondolano altre bandiere e striscioni.
Che cos’è?
“Un covo. Che nasce dalla passione per l’Avellino e in memoria di mio fratello, anche lui tifoso. E’ un covo per chiunque, perché Bellizzi ormai è un dormitorio, è rimasto poco del paese che fu. E allora ecco una iniziativa per rivitalizzare la frazione”.
In effetti a Bellizzi ci sono case vuote. Una frazione – a due chilometri da Avellino – desertificata, annichilita. Anche per scelte urbanistiche grossolanamente poco lungimiranti, nefaste. “Qui siamo in zona rossa da decenni. Non si è costruito, se non prefabbricati pesanti dopo il terremoto, case obbrobri, catapecchie invivibili che per fortuna sono state smantellate.
Siamo in zona rossa perché? Anni fa è caduto un vecchio muro”, ricorda Giovanni.
“Chi verrebbe ad abitare i vecchi bassi della frazione? Una stanza al pian terreno e una sopra”. E Bellizzi si spopola, la scuola è chiusa da anni, la frazione è via di passaggio. “E’ grazie a questi tre palazzi qua intorno che sopravvive”. Le Poste, una farmacia, il barbiere, l’armeria: le attività si concentrano in un perimetro di civiltà di cento metri quadri.
E allora che fare? “Se il Comune di Avellino non ci dà attenzione allora stiamo pensando di raccogliere le firme necessarie per chiedere di entrare a far parte del territorio del Comune di Aiello”.
Scherza? E’ una provocazione?
“Non lo è. Non possiamo fare da passerella una volta all’anno solo per la Zeza. E allora scegliamo il male minore. O no?”.
Intanto il club si è riempito di gente, il vociare smuove la calura, la chiacchierata rende un po’ più vera l’esistenza, la sopravvivenza inautentica di una comunità. Qualcosa sembra già cambiare.