“Un esempio di impegno concreto contro il rischio desertificazione che guarda alla nuova frontiera degli xenotrapianti”. Spiega così il presidente dell’Istituto di Ricerca Biogem Ortensio Zecchino l’idea da cui nasce l’edizione 17 del meeting “Le 2ue culture”, dedicata quest’anno al rapporto tra Intelligenza Umana e Intelligenza Artificiale. “Il meeting – spiega Zecchino – segna uno spartiacque, consentendoci di tracciare un bilancio dei traguardi raggiunti, come le 83 pubblicazioni curate da Biogem, 37 con primo ed ultimo nome con un impact factor di 5,18, al di sopra della media degli enti pubblici di ricerca”. Ricorda come “Abbiamo piantato 3000 alberi in un’area che era un deserto. Facciamo la nostra parte in un tempo in cui l’ambiente è sempre più a rischio con zero spese energetiche. Senza dimenticare il numero di Nature dedicato ad una delle nostre ricerche”. Ricorda la condizione di handicap con cui Biogem deve fare i conti “Penso alla perifericità, fortemente frenante. La nostra è una scommessa in una condizione di progressivo spopolamento delle aree interne. Il nostro impegno concreto diventa strumento per frenare la desertificazione, anche grazie alla capacità di radicamento e integrazione nella comunità”. Sottolinea come “l’anno che ci attende è il più impegnativo. Stiamo per realizzare due nuove strutture di ricerca, dopo aver superato tutta una serie di ostacoli legati a tre contenziosi. Il primo sarà un padiglione dedicato alla virologia, il secondo ai minipig. Vogliamo avviarci lungo la strada impervia degli xenotrapianti per consentire all’Italia di essere competitiva in Europa e nel mondo, in collaborazione con l’Istituto Mario Negri di Milano”.
Zecchino sottolinea come “Il problema dei trapianti è drammaticamente attuale, anche perchè con l’aumento della longevità dell’uomo diminuisce sempre di più la disponibilità degli organi. Vogliamo dimostrare che il Sud non deve vivere di assistenzialismo ma può fare la sua parte nel segno dello sviluppo”. Ricorda la scelta di promuovere il proprio impegno anche nel segno delle scienze umane con un istituto che si occupa di bioetica, la Biblioteca e il BioGeo. E ammette come “questo dialogo tra scienziati e umanisti appare sempre più rilevante, in virtù della contrazione del sapere umanistico e dell’ipertrofia del sapere scientifico”. Sottolinea come “Viviamo in un equilibrio vertiginoso tra umano, post umano, transumano e solo se abbiamo la capacità di guardare in profondità, partendo da ciò che abbiamo alle spalle possiamo ridurre al minimo rischi e pericoli legati alle nuove tecnologie”
A sottolineare il ruolo cruciale svolto da Biogem il presidente dell’INGV (Istituto Nazionale di Biofisica e Vulcanologia) Fabio Florindo, che si sofferma sulla fruttuosa collaborazione tra i due enti, ben simboleggiata dal Museo di Storia della Terra e della Vita BIOGEO, realizzato in collaborazione proprio con l’INGV, situato all’interno di Biogem, e visitato da circa duemila persone nei soli primi sette mesi dell’anno in corso. Per ribadire come “L’intelligenza umana resta il fondamento di ogni ricerca per quella capacità di immaginare e stabilire connessioni che è propria della mente umana”
E’ quindi il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ospite d’onore de “Le 2ue culture” a ribadire come Biogem rappresenti un’eccellenza per il Sud. Sottolinea la necessità di costruire un futuro più umano “Parlare di intelligenza dell’uomo non è un esercizio accademico ma una riflessione necessaria per comprendere chi siamo e dove andiamo. Interpella, innanzitutto, chi come me è chiamato, per il ruolo che riveste, a garantire sicurezza e coesione sociale, chiede di discernere tra ciò che è possibile e ciò che non è possibile fare, di acquisire consapevolezza di cosa è un essere umano e del suo valore.. Questioni come il governo dei flussi migratori e la prevenzione dei reati richiedono intelligenza, coscienza etica, capacità di ascolto e visione umana”. Piantedosi ricorda come “Le macchine offrono opportunità, ma non possiamo demandare alla tecnologia ciò che appartiene alla responsabilità. La macchina non deve decidere per noi, soprattutto quando si tratta di decisioni che hanno impatto sulla vita dei cittadini. Ecco perchè siamo chiamati a interrogarci sul rapporto tra scienza e intelligenza. Per chi governa, la sfida vera è quella di utilizzare intelligenza artificiale al servizio del bene comune senza che diventi strumenti di controllo, non soffocare l’innovazione ma garantire tutele. Con il governo stiamo cercando di rispondere ad alcune di queste domande, dall’utilizzo dei sistemi predittivi nelle aree urbana a rischio di violenza così da intervenire in modo preventivo, alle tecnologie di riconoscimento facciale, vincolandone l’uso a standard di trasparenza. Ma penso anche ai vantaggi che possono derivare dalla digitalizzazione nei processi legati a procedure amministrative, al rilascio di certificati e permessi di soggiorno. Ciò che è importante è garantire che la trasformazione digitale non lasci indietro nessuno, promuovere competenze digitali diffuse, mettendo ogni persona al centro. Dobbiamo fare sì che ogni progresso si traduca in un diritto in più. Penso all’ambito della decisione giuridica, alla valutazione della misura in cui l’intelligenza artificiale deve accompagnare processi decisionali nei contesti di diritto Oggi sappiamo bene che la legge non è mera applicazione ma interpretazione delle norme a fronte di sempre più ricorrenti esempi di scadimento della cultura giuridica, l’intelligenza artificiale può semplificare procedure di gestione dati ma mai sostituire il giudice umano. Ecco perchè l’IA rappresenta un banco di prova per democrazia, dobbiamo decidere che uso fare della nostra intelligenza, dare una visione alla società del futuro. Aprire la mente significa accogliere l’innovazione ma anche custodire principi che rendono umana l’intelligenza come solidarietà e rispetto. Solo tenendo saldo questo orizzonte possiamo guidare i cambiamenti verso un orizzonte etico. In un’epoca di crisi ambientale abbiamo bisogno di un’intelligenza che non separi ma unifico che non generi disuguaglianze ma le corregga, di un’intelligenza anche umanistica capace di costruire ponti tra sicurezza e libertà, algoritmo e diritto per costruire un futuro più umano”,
Quindi spazio agli interventi dello psichiatra Vittorino Andreoli e dello scienziato Amedeo Santosuosso su coscienza e intelligenza artificiale. E’ Andreoli a sottolineare la necessità di “parlare dell’uomo tutto intero, distogliendo lo sguardo sul singolo organo. Poichè l’uomo è fatto di biologia, personalità e ambiente”. Spiega come “La personalità muta con le esperienze. Il nostro intelligere dipende anche dal nostro sentire, da emozioni e sentimenti. Il comportamento umano non è solo intelletto”. E ricorda come “Del cervello si sa ancora troppo poco”. Mentre Santosuosso si interroga sulla possibilità di decidere con l’IA “Sicuramente saranno sviluppate nuove funzionalità ma possiamo anche ipotizzare che ci sia un limite legato alle capacità dell’IA che non può essere superato. Al tempo stesso possiamo immaginare anche un’evoluzione dell’uomo verso la macchina”.