Monopolio delle piazze di spaccio, con centinaia di chili di droga movimentati, ma anche estorsioni, pestaggi e minacce, furti e riciclaggio di auto.
Con un ruolo centrale svolto dalla donne del clan, pronte a sostituire gli uomini finiti in carcere. Sono le accuse contenute nell’indagine della procura di Salerno che ha portato polizia, carabinieri e guardia di finanza ad eseguire 88 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti appartenenti o legati al clan Fezza-De Vivo di Pagani.
L’operazione è scattata all’alba di ierine ha coinvolto oltre 500 uomini e donne delle forze di polizia, che hanno eseguito due ordinanze: una emessa dal gip del tribunale di Salerno, l’altra dal gip del tribunale dei minori in quanto nell’indagine sono coinvolti anche tre minorenni.
Degli 88 destinatari della misura, 79 sono stati portati in carcere mentre per altri 9 sono scattati gli arresti domiciliari. L’inchiesta nasce dalle indagini che nel 2023 hanno portato all’arresto di Vincenzo Confessore, l’ultimo degli elementi apicali del clan ancora in libertà: da lì è stata ricostruita la rete dei fiancheggiatori del clan e le dinamiche per riorganizzare il sodalizio criminale dopo gli arresti. Sono stati così individuati i responsabili di un tentato omicidio di uno spacciatore che non si era voluto piegare ai diktat dell’organizzazione. Non solo: nel corso delle indagini è emerso un ruolo centrale delle donne “capaci di assicurare – dicono gli inquirenti – su direttive e ordini degli elementi apicali detenuti, la sopravvivenza e il funzionamento dell’organizzazione”.
Trai destinatari della misure cautelari eseguite ieri nell’ambito del maxi blitz della DDA di Salerno contro il gruppo Fezza- De Vivo c’è anche un irpino. L. Q. 66enne, residente nella ad Atripalda. E’ accusato di detenzione di droga ai fini dello spaccio per agevolare l’organizzazione criminale disarticolata ieri dalla Procura Distrettuale Antimafia di Salerno. Ad incastrare il 66enne e De Prisco un’intercettazione ambientale all’interno dell’abitazione dell’esponente del gruppo smantellato ieri, che faceva riferimento alla mancanza di un panetto nella cassetta postale di un’altra abitazione di Pagani in uso all’esponente del clan dove il residente ad Atripalda avrebbe rinvenuto lo stupefacente.
Per il Gip Pietro Indinnimeo, la quantità finita al centro della discussione non poteva che essere destinata allo spaccio. Nessun dubbio anche sull’aggravante mafiosa, visto che il clan aveva l’esclusiva sull’approvigionamento delle “piazze”.
Le indagini hanno consentito di decodificare il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati per i rifornimenti dello stupefacente proveniente dal Sud America, dalla Spagna e dall’Olanda. In tale ambito, dall’esame del materiale crittografato contenuto nelle chat è emerso come il predetto sodalizio criminale, nell’arco di 4/5 mesi, abbia movimentato circa 600 kg di hashish, 100 kg di marijuana e 35 kg cocaina.