Di Vincenzo Fiore
C’è in Leopardi una ferita originaria che mai si rimargina: l’incontro con l’ignoto, con il silenzio di un Dio che si cela e non risponde. Egli non è soltanto il poeta del pessimismo, come tanta critica riduttivamente lo ha voluto classificare, ma l’uomo che osa sfidare il cielo con domande radicali, che si fa Giobbe moderno, posto sul margine tra bestemmia e preghiera. Come l’uomo della terra di Uz, anche Leopardi invoca spiegazioni, reclama giustizia, osa chiamare l’Assoluto in giudizio. E, come Giobbe, riceve in cambio il silenzio, un silenzio che diventa abisso e al tempo stesso enigma rivelatore.
Loretta Marcon, con il suo libro La chiave biblica. Per una diversa interpretazione di Leopardi (Joker edizioni), riporta alla luce questa dimensione lacerante, mostrando come il poeta di Recanati si rispecchi nei due grandi libri sapienziali: Giobbe e Qohélet. Nel primo egli ritrova la fede interrogante, l’urlo che si leva dal dolore e dalla disperazione, la protesta che non rinuncia a domandare. Nel secondo, l’eco dell’“infinita vanità del vero”, che non è sterile nichilismo ma vertigine metafisica, intuizione di un senso che resta imprendibile.
Il merito dell’opera di Marcon è di aver restituito Leopardi alla sua statura più autentica: non scettico senza Dio, non ateo serenamente pacificato, ma uomo inquieto, divorato dal bisogno di un senso che non appare. La sua poesia diventa così un continuo bussare alle porte dell’impossibile, un’insistenza che, proprio nel non ottenere risposta, custodisce un’ultima forma di fedeltà al Mistero.
In questo dialogo serrato tra il poeta e la Sacra Scrittura, si dischiude la possibilità di leggere Leopardi non solo come cantore del nulla, ma come profeta della mancanza, come colui che – proprio attraverso la disperazione – attesta che senza Dio l’uomo è condannato al vuoto. Così il libro della Marcon non è semplice esercizio critico, ma una chiave capace di aprire la segreta corrispondenza tra poesia e teologia, tra dolore e domanda, tra l’uomo e il suo destino.




