Questa mattina, al tribunale di Salerno, si discuterà la richiesta di rinvio a giudizio per trentatré persone coinvolte in un’inchiesta che intreccia usura, riciclaggio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.A firmarla sono i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Salerno, Francesca Fittipaldi ed Elena Guarino. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Soviero, ha preso forma a partire dal blitz delle Fiamme Gialle del 5 marzo scorso. Al centro delle contestazioni c’è una presunta organizzazione criminale con base operativa a Sarno. Secondo l’accusa, a guidarla sarebbe stato Massimo Graziano, residente nell’agro nocerino-sarnese, già condannato nel 2015 per appartenenza al clan omonimo attivo nel Vallo di Lauro.
Per la Dda si tratta di un gruppo di natura camorristica; una valutazione non condivisa dal gip Pietro Indinnimeo, che aveva escluso l’ipotesi di associazione mafiosa . Il quadro delineato dagli inquirenti riguarda diverse attività illecite. Una parte si concentra sull’usura e sull’estorsione ai danni di imprenditori in difficoltà economica.Un’altra riguarda la gestione di società intestate fittiziamente a terzi: attraverso queste, gli indagati avrebbero ottenuto finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato, simulando solidità patrimoniale. Una volta ottenuti i prestiti, le rate non venivano saldate, producendo un danno per le casse pubbliche. Le somme sarebbero state destinate a nuovi prestiti usurari o all’acquisto di beni.
L’inchiesta si estende anche al Vallo di Lauro e alla provincia di Avellino, con particolare attenzione al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.Gli investigatori hanno analizzato 506 richieste presentate durante i cosiddetti “click day”, procedure telematiche per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri. Le istanze, secondo l’accusa, avevano lo scopo di costituire falsi rapporti di lavoro e ottenere indebitamente i visti d’ingresso. Ogni nulla osta sarebbe stato rilasciato dietro il pagamento di 5mila euro.Per questa ipotesi era finito in carcere l’ex poliziotto Francesco Bossone, difeso dall’avvocato Walter Mancuso, che ora si trova agli arresti domiciliari dopo l’attenuazione della misura ottenuta dal difensore. Coinvolti anche due imprenditori del Vallo di Lauro, difesi dagli avvocati Raffaele Bizzarro e Sabato Moschiano (per cui il Gip aveva disposto la scarcerazione in sede di interrogatorio di garanzia).