“Il 1860 si carica di un significato storico e politico forte per l’Irpinia e il Sannio, poichè rappresenta il fondamento legale, politico e ideologico della nazione”. A sottolinearlo il professore Carmine Pinto nel corso del convegno dedicato a “L’eco dei mille”, tenutosi questo pomeriggio al Carcere Borbonico di Avellino, promosso dai Comitati dell’Istituto di storia del Risorgimento di Avellino e Benevento e dal Museo Irpino. “Questo significa – prosegue Pinto – che Irpinia e Sannio, territori fino ad allora periferici, entrano nell’Italia moderna grazie alla politica, fatta di sangue, scelte di campo, tradimenti. Un’Italia legata ai principi del liberalismo occidentale, alla costituzionalizzazione del potere e al sistema dei diritti. Al tempo stesso, ci troviamo di fronte a un racconto epico segnato da personaggi come Mancini capace di conciliare i principi del diritto internazionale con le campagne elettorali locali o il vescovo Gallo, acerrimo nemico del plebiscito”. Al tavolo insieme a Pinto, Mariano Nigro, direttore del Comitato Istituto di Storia del Risorgimento di Avellino, Lorenzo Terzi, direttore Archivio di Stato di Avellino, Antonio D’Argenio, del Comitato ISRI di Benevento, Ermanno Battista, vicedirettore Comitato ISRI di Avellino e Centro di Ricerca “G. Dorso”.
A prendere forma una riflessione sul ruolo del Mezzogiorno nel processo di unificazione, a partire dallo sbarco dei Mille, tra partecipazione alle spedizioni dei garibaldini, tensioni sociali e brigantaggio postunitario. E’ Luigi Razzano, direttore del Comitato dell’Istituto di storia del Risorgimento di Benevento, a sottolineare il legame forte tra Risorgimento e presente, poichè nelle speranze dei giovani garibaldini del 1860 ritroviamo le stesse emergenze del Sud di oggi, a partire dallo spopolamento. Tocca, quindi, a Terzi soffermarsi sul valore di cui si caricano i fondi dell’Archivio di Stato, dall’Intendenza del Principato Ultra alla Corte d’Assise fino alla Prefettura, in cui pure si incontrano riferimenti alla spedizione garibaldina “dai documenti relativi alla somministrazione di vettovaglie alla colonna garibaldina stabilitasi a Montefusco ai riferimenti al Partito Borbonico che ritornano anche anni dopo l’Unità d’Italia fino al fondo sul brigantaggio dal 1861 al 1903, in cui trova spazio anche una nota in cui il generale La Marmora risponde alle parole del prefetto di Avellino sulla difficile situazione del brigantaggio. Senza dimenticare l”istruttoria sul misterioso assassinio di un garibaldino”. Per ribadire come i documenti continuino a parlare al presente, rendendo più vivi i fatti accaduti”
E’ D’Argenio a soffermarsi quindi sulla costituzione della Provincia di Benevento con decreto del pro-dittatore Pallavicino, su indirizzo di Garibaldi, in data 3 settembre 1860, all’indomani dell’unificazione, riconoscimento ai patrioti risorgimentali che si erano battuti per la fine dello Stato Pontificio. Una decisione che sarà duramente contestata dai rappresentanti in Parlamento delle altre province, da Beniamino Casoli a Edoardo Grelle che ribadivano come Caserta e Avellino fossero state duramente penalizzate, con la Terra di Lavoro che perdeva 10 comuni per un totale di 125 mila abitanti “Sarà Federico Torre a difendere a spada tratta la nascita della provincia di Benevento, rivendicando il ruolo cruciale giocato nella storia da Benevento”. Una disputa che getta luce sul male del municipalismo che ha sempre rappresentato un ostacolo allo sviluppo. E’ quindi Battista a ripercorrere la storia del plebiscito con cui il Regno Meridionale veniva annesso all’Italia “Oggi si assiste ad una ripresa di studi nei confronti di quello che è stato a lungo considerato solo un momento coercitivo della storia d’Italia. Mentre non fu così. Si assiste allo scontro tra assolutismo e liberalismo, momento conclusivo della rivoluzione disciplinata del1860, in un Regno che sta crollando su sè stesso. Del resto, il liberalismo, che trovava la sua massima espressione in De Concilii, era molto forte sul territorio come dimostravano i focolai dei moti del 1820-21. Decisivo sarà anche il contributo di molti esulti ritornati a Napoli fino alla nomina di De Sanctis come governatore del Principato Un governatore che ribadirà più volte la volontà di rimettere in moto la macchina amministrativa ma anche la necessità di sostenere il nuovo governo e dunque istruzione, indipendenza, lbertà. Gran parte del Principato voterà a favore del plebiscito”. E’ qunidi Arturo Iannace a consegnare la figura di Giuseppe De Marco, liberale a tal punto da essere sorvegliato speciale durante il governo borbonico e dei cacciatori irpini, formazione a sostegno dei garibaldini, che giocheranno un ruolo importante nelle operazioni militari tagliando, ad esempio, la strada al generale Flores che cercava di tornare a Salerno. Una storia che conferma il ruolo svolto dalle forze meridionale nella spedizione dei Mille”