Mentre ieri sera anche Avellino è rimasta senz’acqua, in attesa della riunione dei sindaci che a fine mese sceglieranno il nuovo amministratore unico di Alto Calore, dopo le dimissioni di Antonello Lenzi, il comitato “Uniamoci per l’acqua” scrive in un comunicato che “non ci sono più alibi”. Quello dell’ente idrico è un “disastro certificato”, la cui relazione dei Commissari giudiziali del tribunale di Avellino, consegnata il quattro settembre scorso, “è inequivocabile – scrive il comitato”.
Dal novembre 2024 all’aprile di quest’anno, i debiti prededucibili di Acs sono passati da 33,8 milioni di euro a 42 milioni. ” Un aumento di otto milioni in cinque mesi”. Con ” imposte non pagate, Tfr arretrati e debiti fiscali scaduti”. Secondo “Uniamoci per l’acqua” questo è dovuto a “scelte gestionali in contrasto con le prescrizioni del tribunale”: come, ad esempio, ” l’assunzione del direttore generale( per 450 mila euro) e l’affidamento di 1, 6 milioni di euro di crediti a legali esterni senza autorizzazione preventiva”.
Insomma, quello di Alto Calore è un ” fallimento annunciato”. Lo stesso concordato, continua il comitato, invece di salvare l’ente ha ” prodotto più debiti e disordine”.
I sindaci, da parte loro, invece di affrontare i veri nodi dell’emergenza idrica, sono impegnati ” a discutere nomi e spartizioni”. Come è avvenuto nella riunione di Pietradefusi dove, scrive il comitato, ” una parte cerca di ricompattare e il sindaco padrone di casa dichiara di essere favorevole alla privatizzazione”. Il comitato sottolinea, intanto, che in questo modo i sindaci ” non rappresentano i cittadini”. E chi “apre alla privatizzazione o pensa alle poltrone” in qualche modo ha dimenticato il referendum del 2011 sull’acqua pubblica.
” I cittadini chiedono acqua nei rubinetti ogni giorno, non giochi di corrente”. I primi cittadini, continua ” Uniamoci per l’acqua”, hanno ” una doppia responsabilità: la malagestione prima del concordato, in cui hanno taciuto su sprechi e accumulo debiti e dopo, quando hanno chiuso gli occhi davanti a violazioni e nuove spese”. Privatizzare la risorsa idrica, per “Uniamoci per l’acqua” equivale ad “ammettere il fallimento. Non è una soluzione ma una resa”. Oltre a voler dire che “la politica e i sindaci non sono capaci di governare e abbandonano il bene pubblico al mercato”. Con la conseguenza che “l’acqua sarà ridotta a merce e sottoposta a profitto, meno trasparenza e più costi”. E comunque ogni esclusione dei cittadini dalle decisioni sarà “in violazione allo spirito del referendum”.
Infine, il Comitato ” Uniamoci per l’acqua” chiarisce ancora una volta la sua posizione: dice ” no” a qualsiasi aumento tariffario “finché non sarà garantita la regolarità del servizio”; chiede un ” organismo collegiale al posto dell’amministratore unico, per fermare le spese non autorizzate e gli incarichi esterni’; quindi che “Regione e Governo aprano subito un tavolo per il rifacimento delle reti e per garantire ai cittadini il diritto all’acqua quotidiana”.




