“La revisione dei criteri di riparto ha introdotto lievi effetti redistributivi per le Regioni del Mezzogiorno, compensando solo in parte lo svantaggio che assegna più risorse alle Regioni con popolazione più anziana”.
E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto Gimbe.
Infatti, in termini di riparto pro-capite, nel 2024 la Liguria (€ 2.261) guida la classifica, seguita da Molise (€ 2.235), Sardegna (€ 2.235) e Umbria (€ 2.232), tutte Regioni con un indice di vecchiaia elevato. Al contrario, escludendo le Province autonome, le Regioni più giovani ricevono quote pro-capite inferiori alla media nazionale: Campania (€ 2.135), Lombardia (€ 2.154), Lazio (€ 2.164) e Sicilia (€ 2.166).
Rispetto alla media nazionale di € 2.181 pro-capite, nel 2024 il gap va dai +€ 79,84 della Liguria ai -€ 80,18 della Provincia autonoma di Bolzano. Differenze che in valori assoluti vanno dai +€ 159,5 milioni del Piemonte ai -€ 256,5 milioni della Campania e ai -€ 268,5 milioni della Lombardia”, conclude la nota di GIMBE.
“I meccanismi di riparto – denuncia Cartabellotta – restano profondamente iniqui. La quota non pesata del 60% limita la capacità di rispondere ai nuovi bisogni di salute, soprattutto quelli emergenti tra i giovani e le fasce socialmente svantaggiate. Inoltre, le nuove variabili su mortalità precoce e condizioni socio-economiche pesano troppo poco: solo l’1,5% sul riparto complessivo Infine, in assenza di criteri oggettivi e trasparenti, la quota premiale si è trasformata in un meccanismo di compensazione politica”.
In aggiunta, “il 2023 certifica un’Italia spaccata: solo 13 Regioni rispettano i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), prestazioni e servizi da garantire a tutti i cittadini gratuitamente o previo pagamento di un ticket.
Al Sud si salvano solo Puglia, Campania e Sardegna. La cartina al tornasole degli adempimenti Lea è la mobilità sanitaria che nel 2022 vale oltre € 5 miliardi: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre il 78,8% del saldo passivo si concentra in 5 Regioni del Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e nel Lazio, che registrano un saldo negativo oltre € 100 milioni.
Le conseguenze di questa permanente “frattura strutturale” tra Nord e Sud si riflettono anche nell’aspettativa di vita che in tutte le Regioni del Mezzogiorno è pari o inferiore alla media nazionale. Le stime Istat per il 2024 indicano una media nazionale di 83,4 anni con nette differenze regionali: dagli 84,7 anni della Provincia autonoma di Trento agli 81,7 della Campania, un gap di ben 3 anni”, riporta la nota.
“Un drammatico segnale – commenta Cartabellotta – che testimonia la bassa qualità dei servizi sanitari del Mezzogiorno, oltre al fallimento di Piani di rientro e Commissariamenti nella riqualificazione e riorganizzazione sanitaria delle Regioni del Sud: qui i cittadini vivono una sanità peggiore, devono spendere per curarsi altrove e pagano imposte regionali più alte”.