Rosa Bianco
Venerdì sera, 11 ottobre, tra amici, familiari e tanti giovani studenti, abbiamo avuto il privilegio di vivere insieme la magia del mito rivissuto. La presentazione di “Kalliste, la bellissima” di Angela Anzalone, presso il Mondadori Bookstore di Avellino al Terminal Bus di via Fariello, ha rappresentato molto più di un evento letterario: è stata un’esperienza di comunione intellettuale ed emotiva, un incontro di parole, poesia e filosofia in cui il passato e il presente si sono intrecciati in un unico racconto di bellezza e memoria.
Abbiamo assistito a un vero e proprio simposio di pensiero, come avevo già preannunciato sulle pagine del Corriere dell’Irpinia. Accanto all’autrice, hanno dialogato la professoressa Maria Rosaria Di Rienzo, poetessa e fine interprete dell’anima simbolica del mito, il professore e filosofo Luigi Anzalone e io stessa, in qualità di giornalista e di critica letteraria.
Il pubblico ha ascoltato, con grande attenzione, la voce del prof Luigi Anzalone, che ha sottolineato come il romanzo si presenti come “un viaggio alla ricerca dell’archeologia dell’anima e della Storia dell’Occidente”, un percorso che conduce alle radici del matriarcato religioso e civile del Neolitico, reinterpretato come matrice originaria di armonia e creatività. In questo orizzonte simbolico, l’autrice ha riscoperto la dimensione femminile e generatrice della cultura, un “matriarcato dell’anima e della storia” che, lungi dall’essere nostalgia del passato, si propone come alternativa etica e spirituale all’attuale smarrimento del mondo moderno.
Le sue riflessioni hanno evocato le influenze di Bachofen, Gimbutas e Graves, autori che hanno illuminato il cammino di Angela Anzalone nella sua esplorazione del mito e delle origini. La scrittura dell’autrice ha restituito la forza poetica di un Mediterraneo antico e matriarcale, culla di bellezza e civiltà.
Nelle pagine di Kalliste, la leggenda diventa ponte tra mito e storia: l’autrice ha infatti ipotizzato che gli Etruschi, popolo di eccelsa arte e spiritualità, siano stati i discendenti degli abitanti di Thera, l’odierna Santorini. Le eruzioni vulcaniche e il grande terremoto che devastarono l’isola verso il 1600 a.C. avrebbero costretto quella popolazione a fuggire per mare, approdando in Asia Minore e poi nelle terre che oggi conosciamo come Toscana e Lazio.
Nel mio intervento ho evidenziato che la presentazione del libro Un amore senza fine. Kalliste(i), la bellissima di Angela Anzalone, per me non è stata soltanto un incontro letterario, ma una vera epifania del pensiero.
Parlare oggi di amore, di mito, di conoscenza, significa scegliere di resistere alla cultura dell’oblio e della superficialità, significa difendere il diritto alla complessità, alla memoria, alla libertà del pensiero.
Nel leggere e nel presentare questo libro, ho sentito con forza che “Un amore senza fine” non è soltanto un romanzo sul mito greco, ma un “libro-mondo”, che contiene più piani di lettura.
Lo “scavo” che attraversa ogni pagina diventa un gesto di liberazione: scavare nella terra, nella storia, nella parola è, per me, sinonimo di libertà.
Come l’archeologo Spyridon Marinatos, figura chiave del racconto, anche Angela Anzalone affonda le mani nel tempo per riportare alla luce ciò che è stato sepolto — e in questo gesto riconosco una profonda metafora politica.
Nel dialogo tra Grecia e Italia, tra il mito di Kalliste e gli anni delle grandi trasformazioni civili, il libro ci ricorda che la cultura non è evasione, ma responsabilità.
Scavare nella memoria significa difendere la verità, e la bellezza — quando è autentica — è sempre rivoluzionaria.
Ho voluto sottolineare come la parola, in questo romanzo, diventi azione; come la conoscenza possa farsi giustizia; come la letteratura possa ancora essere uno strumento di libertà.
In un tempo che tende a coprire, a cancellare, a semplificare, “Un amore senza fine” ci invita a fare il contrario: a ricordare, a riportare alla luce, a scegliere la luce contro l’ombra.
Credo che ogni vero atto d’amore — e questo libro ne è la prova luminosa — sia, prima di tutto, un atto politico.
La serata si è conclusa in un clima di sincera gratitudine e condivisione. Uno speciale ringraziamento è stato rivolto dall’insegnante Lucia Grammatico, raffinata cultrice di poesia, che ha salutato con eleganza l’autrice e i relatori, dichiarando di essersi sentita felice di aver preso parte a una così bella occasione d’incontro.
Abbiamo vissuto, così, un momento che ha saputo unire l’arte e la riflessione, la parola e il sentimento. Kalliste, la bellissima non è stato solo un libro presentato, ma un mito restituito alla vita, un atto di resistenza all’oblio, una celebrazione della bellezza come forza morale e promessa d’eternità.
La scrittura di Angela Anzalone si è imposta come custode di una verità semplice e assoluta: che l’amore autentico non conosce fine e che la bellezza, quando è vissuta come sacrificio e dono, sopravvive a ogni tempo. E noi, presenti a quella serata, abbiamo avuto la fortuna di essere testimoni di questa rinascita.
Una serata indimenticabile, in cui la parola si è fatta mito, e il mito – finalmente – ha ripreso voce.