Le scosse di terremoto che hanno colpito Avellino e il suo Hinterland in questi ultimi due giorni, per fortuna in maniera lieve, sollecitano preoccupazioni e domande: “Siamo al sicuro? Dove andare quando dopo una scossa improvvisa si scende di casa per la paura di una seconda scossa? Esiste un piano di emergenza e di protezione civile da far conoscere ai cittadini?”. Domande a cui cerca di rispondere l’avvocato Massimo Passaro, portavoce de “I Cittadini in Movimento”:
“Ieri è stata una giornata bellissima: un sole alto, un caldo quasi estivo. Eppure, come quarantacinque anni fa – con un mese di anticipo – la Terra ad Avellino ha tremato di nuovo. Molti di noi ricordano ancora quel terribile 23 novembre 1980: le scosse, la devastazione, la disperazione dell’Irpinia. Ricordiamo l’arrivo del Ministro dell’Interno e del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, venuto non per una giornata di festa, ma per condividere il dolore di un popolo ferito e distrutto”.
“A distanza di quarantacinque anni, mi chiedo che cosa abbia fatto oggi la politica. Senza voler essere polemico, ma con fermezza, bisogna ammettere che se la scossa di ieri fosse stata più lunga e più forte, Avellino e l’Irpinia sarebbero tornate indietro di 45 anni: con danni incalcolabili e, forse, con vite spezzate”.
“Un’amministrazione seria dovrebbe predisporre piani di sicurezza, piani di evacuazione e punti di raccolta in caso di emergenza sismica. Avellino e l’intera Irpinia sono territori ad alta intensità sismica, costantemente monitorati dai nostri osservatori. Eppure, l’ultimo piano di evacuazione risale all’epoca del sindaco Di Nunno. Da allora, i suoi successori hanno preferito acquistare arredi inutili o organizzare feste, come se fossero direttori artistici più che amministratori. Nessuno ha guardato davvero al futuro della città, nessuno ha pensato a tutelare la sicurezza dei cittadini”.
“Ho sempre sostenuto che quando si elegge un sindaco bisognerebbe scegliere una persona con una visione, con un’idea chiara di cosa debba diventare la città. Invece, ad Avellino ogni amministrazione sembra limitarsi a gestire l’esistente, senza un programma, senza conoscere i problemi strutturali e nevralgici del territorio”.
“In questi giorni, grazie ai ragazzi e al loro contatto tramite TikTok, sto visitando le scuole della città – comunali e provinciali – e trovo ovunque edifici vecchi, obsoleti, dove gli studenti sono letteralmente ammassati come in pollai. Si tratta di strutture costruite oltre cinquant’anni fa, non adeguate, non sicure”.
“La stessa situazione vale per il Tribunale di Avellino, dove si continua a intervenire con lavori frammentari, come quelli per gli ascensori, dimenticando che anni fa l’allora presidente Beatrice avvertì ufficialmente che la struttura era pericolosa. Mi chiedo: le scuole effettuano ancora esercitazioni antisismiche? I ragazzi vengono addestrati a evacuare in sicurezza? E, soprattutto, se ieri ci fossero stati crolli come nel 1980, se ci fossero state vittime, quali sarebbero stati i punti di raccolta? Dove ci saremmo dovuti radunare? Perché la città non ha un piano aggiornato di emergenza sismica, o – peggio – perché nessuno lo conosce?”.
“Lo dico da cittadino, prima ancora che da osservatore della vita pubblica: se la scossa fosse stata devastante, io stesso non avrei saputo dove andare, né dove mettere al sicuro i bambini e gli anziani. A questo punto si collega direttamente il tema del Sismabonus. Insieme alla Consulta dell’Edilizia e, in particolare, all’associazione “Edilizia Reale” presieduta dal dott. Giulio De Angelis, in occasione di un convegno dedicato ai rischi sismici e idrogeologici del Paese, elaborammo una proposta di legge che oggi torna di grande attualità”.
“Il Governo Meloni e il nuovo Presidente della Regione Campania dovrebbero chiedere di riformulare i fondi del PNRR, destinandoli alle famiglie per la messa in sicurezza sismica delle abitazioni, riprendendo quello che fu il Superbonus, ma con un nuovo nome e un diverso approccio”.
“Si riparta proprio da quella legge che noi scrivemmo, perché in essa erano previste con precisione anche le percentuali di contributo: non più il 100%, ma una quota più bassa, calibrata però per permettere alle famiglie di ristrutturare le proprie case dal punto di vista sismico. Una misura concreta, sostenibile e coerente con l’attuale crisi economica e occupazionale”.
Oggi, infatti, il Paese attraversa una fase di forte difficoltà: l’economia non funziona, la disoccupazione è alta e i bonus esistenti sono inefficaci. I cosiddetti bonus al 50%, con il recupero fiscale in dieci anni, non servono a nulla: molti professionisti operano con regimi forfettari che non consentono di recuperare quel 50%, e una larga parte della popolazione è composta da pensionati, i quali non hanno redditi capienti per beneficiare di tali agevolazioni”.
“Ecco perché è necessario riprendere il meccanismo delle cessioni del credito, ma in modo organizzato e sicuro, coinvolgendo le banche e l’ABI in tavoli di dialogo strutturali, per andare incontro alle esigenze delle famiglie e favorire realmente la ristrutturazione sismica dei fabbricati e degli immobili. La vera rivoluzione non è quella “green”, ma quella antisismica: quella che salva vite, protegge le case e restituisce sicurezza a territori fragili come il nostro. L’Emilia Romagna, l’Irpinia, il Sud tutto: il rischio è enorme”.
“A quarantacinque anni dal terremoto del 1980, ci chiediamo ancora dove siano finiti i piani di sicurezza e i piani di evacuazione, e perché una città come Avellino non sia ancora pronta ad affrontare la sua più antica paura: quella della terra che trema. È tempo che la politica torni a parlare di sicurezza e non di eventi, di prevenzione e non di propaganda. Avellino non ha bisogno di fuochi d’artificio, ma di piani di evacuazione. Non ha bisogno di slogan, ma di responsabilità. Chi governa questa città e questa regione deve capire che ogni scossa, anche la più lieve, è un richiamo alla memoria e un avvertimento per il futuro: la terra trema, ma la coscienza civile non deve più dormire”.



