Con uno smartphone in cella, accusato di omicidio ha continuato a portare avanti il suo piano vendicativo contro la vedova della vittima direttamente dal carcere. Si tratta di Giovanni Limata che dalla cella del carcere di Bellizzi Irpino, in cui è ristretto per l’omicidio del 53enne avellinese Aldo Gioia, ha portato avanti la sua vendetta nei confronti dei familiari della sua ex fidanzata, Elena, condannata insieme a lui per l’omicidio del padre. Durante la detenzione e prima del trasferimento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e poi a quello di Fuorni di Salerno ha continuato a inviare messaggi alla moglie dell’uomo ucciso brutalmente nella sua abitazione il 23 aprile del 2021. Dal carcere di Bellizzi Irpino le ha inviato messaggi, anche sui social.Ha cercato di intimorirla con le minacce. La donna non ha esitato a presentare denuncia per quanto subito dall’ex findazato di sua figlia, Elena, anche lei in carcere per l’omicidio del padre e condannata a diciotto anni di reclusione. Diverse volte il ventisettenne di Cervinara sarebbe stato trovato nei corridoi dell’istituto, con il cellulare di ultima generazione tra le mani. Un profilo complesso quello del giovane di Cervinara che nel carcere “Antimo Graziano” di Avellino ha tentato per ben due volte il suicidio ed è stato ricoverato per diverso tempo all moscati di Avellino.
Giovanni Limata, che il 23 aprile 2021 uccise con diversi fendenti il suo ex suocero mentre dormiva sul divano di casa, ora è accusato anche di atti persecutori. Accuse contenute nel decreto di perquisizione e sequestro notificato a 18 indagati tra detenuti ed ex detenuti del carcere di Bellizzi Irpino. Dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino a partire da febbraio 2025.
L’indagine coordinata dalla Procura di Avellino ha svelato una vera e propria operazione di connected cell: all’ingente mole di tabulati telefonici e telematici sono seguite indagini telematiche e l’analisi del circuito relazionale, che ha permesso l’identificazione dei familiari e degli amici contattati dai detenuti. Sui profili social di alcuni indagati, alimentati grazie alle stesse utenze, sono emersi messaggi e anche immagini di rilievo investigativo, tra cui quelli indirizzati alla vedova di Aldo Gioia.
La sentenza di primo grado, emessa il 24 maggio 2023 dalla Corte di Assise di Avellino, aveva condannato Limata e Gioia a 24 anni di reclusione. La Corte aveva stabilito che l’omicidio di Aldo Gioia era stato pianificato e commesso dai due imputati in concorso tra loro. In secondo grado invece la pena era stata ridotta per tutte due gli imputati. La IV Sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli, presieduta dalla giudice Ginevra Abbamondi, aveva accolto il motivo d’appello presentato dal difensore di Limata, l’avvocato Rolando Iorio. La Corte aveva riconosciuto un vizio parziale di mente come fattore preponderante rispetto alle circostanze aggravanti, riducendo così la condanna di Limata da 24 a 18 anni di detenzione.
Anche Elena Gioia, assistita dagli avvocati Livia Rossi e Francesca Sartori del foro di Roma, aveva beneficiato della stessa riduzione di pena. Tuttavia, per lei la riduzione è avvenuta non per vizio parziale di mente, ma per il riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle circostanze aggravanti contestate.
Il giovane era di nuovo comparso, a luglio scorso, davanti ai magistrati della I Sezione della Corte di Appello di Napoli in quanto i giudici della Cassazione avevano respinto il ricorso di Elena Gioia e annullato con rinvio la condanna di Giovanni Limata solo per il profilo del trattamento sanzionatorio.Nel corso dell’udienza la Corte ha riconosciuto a Limata le attenuanti generiche in via prevalente riducendo la pena a 16 anni di reclusione, due anni in meno di carcere rispetto a Elena Gioia, condannata in via definitiva a 18 anni di reclusione per l’omicidio del papà Aldo.



