C’ è un tema che in questa campagna elettorale che volge al termine viene quasi del tutto ignorato: la sicurezza che fa il paio con la legalità. Da tempo per questi argomenti il Corriere ha speso la sua linea editoriale, sollecitando cittadini e Istituzioni a tenere la barra dritta per non trascurare un fattore che ha a che fare con la civile convivenza. Neanche a dirlo, però: mentre la criminalità, nei suoi vari aspetti aumenta, si registra nei fatti un silenzio tombale sui provvedimenti necessari per ridurne gli effetti. Né a nostro avviso, minime operazioni del controllo del territorio, come l’arresto di qualche scapestrato in cerca di guai, sebbene utili, possono essere soddisfacenti rispetto ad una situazione molto più grave. Oppure fare paragoni con altre realtà nelle quali per dimensione e storie la criminalità ha uno scenario più preoccupante. In questi ultimi mesi nel capoluogo si sono registrati diversi crimini che hanno allarmato la comunità. Ragazzi con la pistola che aggrediscono coetanei per futili motivi, terrore delle donne che hanno paura di essere aggredite durante la sera, coltelli che circolano pronti a infilare la lama anche solo in seguito a un banale litigio, rapine a mano armata in pieno giorno, squadracce di delinquenti che perlustrano le abitazioni, non importa in presenza di coloro che vi abitano che vengono picchiati e così via. Questa è la dimensione della cosiddetta piccola criminalità che se prima corrispondeva a trasferte di bande fuori provincia oggi è notevolmente presente nel tessuto giovanile della nostra provincia in cui l’elemento droga dilaga. Decine di sociologi si sono spesi per interpretare l’aumentarsi della violenza, giovanile in particolare: disagio, povertà, assenza di valori, insoddisfazioni familiari, ambizioni di possedere sempre più danaro. Tuttavia rispetto alle analisi e ai consigli dati non sempre corrisponde l’impegno di coloro che sono addetti a fronteggiare i fenomeni suddetti. Intanto un interrogativo: i protagonisti dei reati di cui sopra sono isolati o hanno il consenso di organizzazioni superiori che hanno tutto l’interesse a farli “pascolare” per deviare l’attenzione di ben altri reati?
E qui si apre la riflessione sulla illegalità diffusa di chi specula con una impunità che porta a pensare a sottovalutazioni o talvolta a complicità se non proprio collusione. In occasione della “Due giorni del Corriere” che tanto successo ha conseguito per i temi affrontati, alcuni degli oratori hanno denunciato la distruzione del verde, soprattutto in città e nei Comuni contermini. A vista d’occhio il panorama sta cambiando, anche dove prima insisteva un modesto orticello è stato realizzato un palazzo a più piani. Sterminate colate di cemento si abbattono con prepotenza nel centro cittadino come nelle immediate periferie. Non solo. C’è chi fa incetta di suoli con l’obiettivo di poter un domani realizzare nuovi “casermoni”.
Da che cosa nasce questa sicumera di impunità che è un oltraggio non solo al territorio ma anche nei confronti di chi rispetta le regole subendone probabilmente un danno? E’ evidente che le possibili complicità del disastro ambientale sono da ricercare a monte, cioè in quegli uffici dove si costruiscono le pratiche e spesso si chiude un occhio in cambio di contante. Alcuni processi definiti anche recentemente offrono uno scenario del delinquere abbastanza evidente. Potrebbe essere anche per paura di chi opera nella pubblica amministrazione dover sottostare alle imposizioni in seguito a minacce. Resta il fatto, comunque, che di fronte ad un comportamento non limpido si dovrebbe avere il dovere di denunciare. Perché paura? Da dove nasce? La riflessione prende nuovi spazi. E’ noto, non solo per le nostre denunce, ma anche per lo scenario che oggi offre la realtà territoriale, oltre che per le indagini fatte dalla Commissione Antimafia e riportate nella relazione semestrale presentate al Parlamento, che l’Irpinia, e in particolare Avellino e i Comuni contermini, non è più quell’isola felice e tranquilla di un tempo. Imprese locali, dicono gli atti ufficiali, hanno favorito l’ingresso di alcuni clan camorristici che piano piano assediano il territorio. Le interdittive antimafia portano a conoscenza dei reati commessi. La Prefettura si è mobilitata, ma le strade della criminalità sono altrettanto percorribili nel caso di ricorso alla giustizia amministrativa che in alcuni casi bada più alla forma che alla sostanza. E poi ci siamo noi che vogliamo difendere il nostro territorio con la narrazione degli scempi, attendendo risposte dalle Istituzioni che tardano a venire.
Nel denunciare lo scandalo edilizio abbiamo descritto il circolo vizioso in cui esso si colloca: sfruttamento delle cave su cui la Regione sembra aver chiuso gli occhi, produzione del cemento per quantità e qualità, occupazione dei suoli dove far nascere piloni che diventeranno palazzi. Tutto qui. E non si tratta di ragazzi di strada, ma di imprese consistenti. Talvolta riunite in un cartello, non solo per ridurre i costi degli affari, ma anche per dare vita ad un comitato di business. Dimenticavamo: chi controlla che tutto questo sia in regola? Salvo che le indagini siano fatte sotto traccia, allo stato per chi commette illegalità tutto scorre tranquillo. E dunque, a pensar male, si può affermare che da qui nasce l’impunità di chi delinque.
Torno da dove il computer ha cominciato a fare questo ragionamento: la latitanza nella campagna elettorale del tema della sicurezza e della legalità. Se nessuno ne parla, è legittimo il dubbio che chi si è candidato – vale per qualsiasi lista, rispetto alla narrazione di questo stato di cose e oltre, che determina un grave pericolo per le comunità – compia un atto che rifugge dalla responsabilità e che si adegua a una logica mafiosa. Se non è così, e francamente lo speriamo, ha ancora tutto il tempo per dedicare il proprio impegno nella difesa della sicurezza e della legalità.




