Virgilio Iandiorio
Leggevo le “Frascherie” (idee stravaganti) scritte da Antonio Abati, letterato italiano del sec. XVII che in quanto ad arguzia se la cavava abbastanza bene, e ripensavo al valore della memoria che conserva i suoi significati di verità che non invecchiano. Spetta a noi lettori postumi saperli “leggere”, senza pregiudizi di sorta.
A proposito dei contatti tra popoli diversi e della importanza degli scambi economici e culturali tra di essi, scriveva Antonio Abati:” I talenti humani son, come le piante, che traslatate da un suolo all’altro migliorano. A tal fine da Persia si trasmise a noi il Pesco , da Soria (Spagna) il Cedro , d’Armenia il Meliaco (albicocco) , da Cidone (Creta) il Cotogno , da Cartagine il Granato . non s’ inesterebbono hora ne’ nostri horti queste piante ,se non peregrinavano da gli altrui le piante humane”.
Il nostro autore così continua:” Povero Mondo, se i providi huomini non avventurassero co’ trabalzi delle merci l’ aumento delle facultà humane. Barbaro Mondo se i mortali nelle patrie tane inselvati reputassero ornamento della specie nostra il farci esuli dalle società forestiere”. Altro che costruire muri e steccati, per impedire che vengano nei nostri territori gente da noi diversa. E aggiunge:” Il viaggiare compone gli animi, desta i membri, instruisce le menti, avventura le fortune… Si devono, in ammassar vantaggi di Virtù, imitar le Api, che vagando, anch’esse tra’ fiori, per succhiare i più atti alla compositione de’ loro liquori, e disporli ne’ Favi, si può dire, disse Seneca, che non habbiano la scienza, da far’ il mele, ma di raccorlo”.
C’è una annotazione a proposito di chi impedisce e ostacola questi rapporti tra i popoli, che è di un’attualità sconvolgente:” E’ politica da Moscovita , non permettere , che i suoi peregrinino, acciò che allettati dal diletto d’una libertà esterna, non si scuotano de’ suoi Dominij Tirannici il giogo”.
Queste parole sono state scritte nel 1651. Che altro aggiungere. Soco chiarissime.
Antonio Abati, Delle frascherie fasci tre, Venezia 1651 pp.268-271 I talenti humani son, come le piante, che traslatate da un suolo all’altro migliorano. A tal fine da Persia si trasmise a noi il Pesco , da Soria il Cedro , d’Armenia il Meliaco , da Cidone il Cotogno , da Cartagine il Granato . non s’ inesterebbono hora ne’ nostri horti queste piante ,se non peregrinavano da gli altrui le piante humane.
Qual vago di sapere è fra noi, che non benedica ‘ il passaggio delle lettere dalla Phenicia? Chi amareggiate ha le Iabra, che non lodi il primiero tragitto de’ zuccari dall’Indiche cannamele? qual bilioso infermo è che non commendi dalla Tartara Tangut del pietoso Reobarbaro il trasportamento.
Povero Mondo, se i providi huomini non avventurassero co’ trabalzi delle merci l’ aumento delle facultà humane. Barbaro Mondo se i mortali nelle patrie tane inselvati reputassero ornamento della specie nostra il farci esuli dalle società forestiere.
E’ vergognoso li rannicchiarsi, per così dire , in un’ angolo di muro , a chi è nato , per veder’ il Sole, ch’a gli habitatori dì qualunque Clima instabilmente s’espone. E poi come può dirsi vivere chi non peregrina , s’un Petegrinaggio è la Vita?
Il viaggiare compone gli animi, desta i membri, instruisce le menti, avventura le fortune. Fin’ un cieco Poeta , che fu di peregrinar con frutto incapace, per formar la vera Idea d’un prudente, in agitationi di Peregrino lo finse. Si devono, in ammassar vantaggi di Virtù, imitar le Api, che vagando, anch’esse tra’ fiori, per succhiare i più atti alla compositione de’ loro liquori, e disporli ne’ Favi, si può dire, disse Seneca, che non habbiano la scienza, da far’ il mele, ma di raccorlo. E’ politica da Moscovita , non permettere , che i suoi peregrinino, acciòche allettati dal diletto d’na libertà esterna, non si scuotano de’ suoi Dominij Tirannici il giogo.




