E’ Tony Lucido, presidente della pro loco Alta Irpinia, a ricordare l’anniversario del sisma del 1980 “Nel ricordo c’è la necessità di recupero di ogni singola storia, esperienza e testimonianza affinché queste possano concorrere a ricreare le condizioni di identità, di senso di appartenenza, come strumento di rinascita delle comunità dei piccoli paesi della dorsale appenninica.
Questa ricorrenza come sempre scatena tante emozioni. Sotto le macerie di palazzi, piccoli angeli che ancora dovevano spiegare le ali della loro vita, vivevano animati dalla gioia dello stare insieme, nella piazza e nelle vie del paese, dove, fino alle 19,34 del 23 novembre 1980, tutto era famiglia, tutto era casa.
Ed ora…si affollano nella mente e nel cuore tanti ricordi, tanti volti, tante emozioni, tante le lacrime e groppi nella gola, che con forza vengono rimandati giù. Parlare di queste storie rievocarle, non è archeologia della memoria, ma è una sorta di memoriale del dolore, del terremoto. Il “nostro terribile terremoto del 23 novembre ’80”, sembra tanto lontano eppure…è dietro l’angolo nei nostri cuori, con i nostri cari, i loro volti e le storie struggenti, con distruzioni e lutti, con la polvere che riempiva i polmoni, con le urla disperate di invocazioni di aiuto, con i silenzi…della morte, con le ansie e le speranze, con il mondo, dei luoghi e dei riferimenti materiali e della memoria, che si sgretolava e ti crollava sotto i piedi. Si, il “tuo mondo” che si sgretolava e ti crollava addosso”.
Lucido ricorda come “Il “nostro terremoto” quello dei bambini morti appena nati, dei ragazzini morti come Toni e Luca, Giuseppe e tanti ancora, che si rincorrevano per giocare con la vita, con i fidanzatini volati in cielo tenendosi per mano, con le mamme ed i papà morti protesi verso i figli, con i nonni sacrificatisi per dare speranza ai nipotini, con i contadini che avevano da poco seminato per un raccolto che mai avrebbero visto, ma anche di tanti uomini e donne soli, morti senza nessuno… Il “nostro terremoto” che ci ha ” regalato” il triste primato del maggior numero di vittime, ed il più alto indice di distruzione di case; primato che avremmo voluto farne a meno.
Il ” nostro terremoto” quello dello sbandamento o disorientamento emotivo e psicologico dei superstiti, della distruzione, insieme alle case, dei valori tipici della comunità e della nostra civiltà, delle nostre tradizioni, della identità culturale, sociale ed anche religiosa.
Il “nostro terremoto” che ha provocato la “cultura dei prefabbricati”, della coabitazione forzata, delle aggregazioni diverse dall’habitat naturale o sociale precedente, Credo, anche se con ritardo, faremmo bene, prima che sia troppo tardi, a ricordare nomi, volti e storie di gente vittime o sofferenti per il terremoto, prima che se ne perda la memoria… A tutte le vittime innocenti del nostro terribile terremoto e di tutti i disastri, il ricordo, il pensiero e l’impegno a costruire città, paesi e comunità a misura d’uomo”



