di Virgilio Iandiorio
Debbo confessare di aver commesso un grossolano errore nell’invio alla redazione del Corriere online il mio articolo di giovedì scorso. E me ne scuso con i lettori. Ho ripetuto le riflessioni di Antonio Abati riportate nel mio commento, anche nella forma in cui le aveva espresse l’autore. Una ripetizione involuta, anzi confusa. Mi conforta il fatto che talvolta “repetita iuvant”, le cose ripetute possono giovare.
Poiché ogni confessione che si rispetti è accompagnata da un atto di contrizione o di riparazione, ho ritenuto opportuno rileggere qualcosa dai Sermoni di S. Antonio di Padova, che mi aiutasse ad evitare in futuro simili disattenzioni. I pensieri del Santo sono ripresi dal libro dei Sermoni nella traduzione dal latino di Giordano Tollardo, edizione Messaggero , Padova 1994.
“E’ veramente difficile riassumere in un discorso breve ed efficace una materia così vasta”. Il riferimento è all’ Antico e al Nuovo Testamento, ma per noi oggi questo può valere per quanti discettano di ogni cosa senza avere nessuna cognizione degli argomenti che trattano.
C’è sempre il pericolo di incorrere nella vanagloria, sempre costante quando ci si espone in pubblico, e questo vale anche per gli uomini di chiesa. “Mentre siamo in preghiera, mentre recitiamo l’ufficio e siamo occupati nella predicazione, siamo assaliti dal diavolo con i dardi della vanagloria e, purtroppo, molto spesso feriti. Ci sono infatti alcuni che mentre pregano e piegano le ginocchia e mandano sospiri, vogliono essere veduti. E ci sono altri che quando cantano in coro modulano la voce e gorgheggiano, e desiderano essere ascoltati. E ci sono altri ancora che quando predicano, tuonano con la voce, moltiplicano le citazioni, le commentano a modo loro, si girano intorno, e desiderano essere lodati”.
In questi tempi di campagna elettorale, bisognerebbe sempre tenere presente quest’altro pensiero del Santo di Padova. “La giustizia è la virtù con la quale, giudicando rettamente viene dato a ciascuno il suo. Giustizia è come dire iuris status, stato di diritto. La giustizia è l’abitudine dello spirito di attribuire ad ognuno la dignità che gli spetta, tenuto conto dell’utilità comune. Fanno parte della giustizia: il timore di Dio, il rispetto della religione, la pietà, l’umanità, il godere del giusto e del buono, l’odio del male, l’impegno della riconoscenza”.
C’è questa raccomandazione per chi parla in pubblico. “La natura ha posto davanti alla lingua come due porte, cioè i denti e le labbra, per indicare che la parola non deve uscire se non con grande cautela…perché si deve guardarsi non solo dalle parole illecite ma anche dalle occasioni di parlare illecitamente. Per esempio, ci sono certi che si vergognano di denigrare qualcuno apertamente, ma poi lo fanno sotto l’apparenza della lode e, quel che è peggio, fanno questo perfino in confessione”.



