E’ stata discussa dinanzi al Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Napoli, Chiara Bardi, la prima udienza relativa alla richiesta di rinvio a giudizio per otto imputati e una società coinvolti nell’inchiesta Aste Ok.
Nel corso dell’udienza, sono state presentate le ammissioni delle persone offese e degli enti a tutela dei consumatori, i quali hanno avanzato le proprie richieste di ammissione come parti civili. Gli avvocati Alberico Villani, Caterina Migliaccio e Roberto Saccomanno hanno sollevato obiezioni, contestando, per motivi formali, la mancata indicazione dell’entità dei danni, come previsto dalla legge Cartabia. Inoltre, nel merito, hanno messo in discussione l’ammissibilità delle richieste delle parti civili.
Successivamente, alcuni imputati, tra cui Armando Pompeo Aprile, Livia Forte e Gianluca Formisano, hanno richiesto il rito abbreviato. Il GUP ha rinviato la decisione al 9 gennaio 2026, data in cui si decideranno definitivamente le questioni relative all’ammissione delle parti civili e alla scelta del rito processuale.
La richiesta della Procura e l’avvio della nuova fase processuale
La richiesta di rinvio a giudizio era stata sottoscritta dai pubblici ministeri Simona Rossi e Henry John Woodcock, sotto la supervisione del procuratore aggiunto Sergio Ferrigno. Questo atto segna l’inizio di una nuova fase del processo, a seguito della conclusione delle indagini preliminari e della decisione del Tribunale di Avellino di trasmettere gli atti alla Procura di Napoli. In particolare, con l’ordinanza-sentenza del 2024, il tribunale di Avellino aveva sottolineato la necessità di separare il gruppo accusato dalle dinamiche del Nuovo Clan Partenio, individuando così un’associazione camorristica autonoma.
Secondo la DDA di Napoli, il gruppo avrebbe creato una rete ben organizzata per condizionare il mercato delle aste giudiziarie, imponendo un sistema di controllo basato su intimidazioni e minacce. Gli indagati sono accusati di aver costituito un’associazione di stampo camorristico operante sul territorio avellinese, con l’obiettivo di ottenere profitti illeciti attraverso l’alterazione delle procedure esecutive immobiliari.
L’accusa individua tra i promotori del sodalizio Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo, Beniamino Pagano, Livia Forte, Armando Pompeo Aprile e Damiano Genovese, mentre Antonio Barone e Gianluca Formisano sarebbero stati concorrenti esterni, fornendo supporto nelle operazioni del clan.Il gruppo avrebbe agito sfruttando la forza di intimidazione tipica della criminalità organizzata, creando un clima di omertà e soggezione per gestire in modo illecito le aste immobiliari, in particolare quelle legate al Tribunale di Avellino. Le attività contestate includono estorsioni e turbativa d’asta aggravate dall’appartenenza a un’associazione mafiosa (ex art. 416 bis c.p.).
Secondo gli inquirenti, l’organizzazione avrebbe avuto una leadership ben definita. Livia Forte e Armando Pompeo Aprile sarebbero stati i veri promotori, con il compito di dirigere e finanziare le attività illecite legate alle aste. Il loro sistema, ormai rodato, si sarebbe basato su minacce e pressioni, anche indirette, per scoraggiare la partecipazione e garantirsi il controllo degli immobili messi all’asta.
Antonio Barone e Gianluca Formisano, invece, vengono accusati di concorso esterno. Dal 2019 in poi, avrebbero eseguito sopralluoghi sugli immobili oggetto delle aste e si sarebbero interfacciati direttamente con i proprietari, agendo su indicazione di Forte e Aprile. In alcuni casi, avrebbero operato in autonomia, ma sempre con l’intesa di riferire agli altri membri del gruppo e spartire i proventi delle operazioni. A comporre il collegio difensivo gli avvocati Alberico Villani, Claudio Botti, Caterina Migliaccio, Gaetano Aufiero, Carlo Taormina, Roberto Saccomanno, Alfonso Furgiuele, Claudio Davino, Gerardo Santamaria e Claudio Mauriello.


