Nel Pd ci sarà una nuova, ampia maggioranza, certificata dal voto alla relazione della segretaria Elly Schlein che potrebbe ottenere una unanimità sostanziale nell’assemblea nazionale di domenica a Roma. L’area che fa riferimento a Stefano Bonaccini dovrebbe ufficializzare domani la sua posizione: “Vogliamo condividere il passaggio insieme. Non vogliamo scegliere da soli”, si spiega.
Già nell’appuntamento di Montepulciano, promosso da chi ha sostenuto Schlein dal primo momento, ovvero Areadem di Dario Franceschini, la sinistra di Andrea Orlando e gli ex-Art.1 di Roberto Speranza, la maggioranza di Schlein aveva incassato il sostegno dei neoulivisti: Anna Ascani e Marco Meloni, Gianni Cuperlo, Dario Nardella e Debora Serracchiani.
Tra i bonacciniani – presenti in segreteria con Alessandro Alfieri e Davide Baruffi – restano fuori dalla maggioranza alcuni riformisti come Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Giorgio Gori, Filippo Sensi, Simona Malpezzi tra gli altri.
Venendo ai contenuti dell’assemblea, domenica non si discuterà della candidatura di Schlein a premier. Una eventuale decisione del Pd, ritengono in molti, avrebbe aperto lo scontro con gli alleati, e cioè con Giuseppe Conte, presidente del M5s: la soluzione naturale per la scelta sarebbero allora le primarie di coalizione.
Domenica non si discuterà neppure di congresso anticipato. Troppo complicato organizzare tutto mentre è in corso la campagna referendaria e comincia quella elettorale per le politiche. Un congresso anticipato sarebbe stato utile a blindare la segretaria e favorire la sua candidatura alla guida del campo largo nazionale. Senza congresso anticipato Schlein si troverebbe a contendere Palazzo Chigi nella condizione di segretaria in scadenza di mandato. Ma i tempi per il congresso non ci sono: eventualmente partirebbe a gennaio per concludersi a fine febbraio o inizio marzo, poco prima del referendum. E Schlein ora ha dalla sua anche Bonaccini: “Con le regole che abbiamo rischieremmo di chiuderci quattro mesi a discutere di noi mentre l’Italia vuole che proviamo a discutere dei problemi degli italiani, per darle una opportunità. Invece di un congresso anticipato farei partire quello che Schlein ha detto che serve, e io sono d’accordo con lei: la costruzione dell’alternativa”.
Intanto il Pd prova a smarcarsi dall’esito del referendum sulla giustizia: “Non faremo a Meloni e Nordio il favore di parlare per sei mesi di legge elettorale e referendum e non parlare di una manovra sbagliata nella quale si ammette che la crescita dell’Italia sarà zero”, è il messaggio.
Per rafforzare la leadership della segretaria, senza un congresso, la soluzione sarebbe quella di una maggiore collegialità nelle scelte per il reclutamento della classe dirigente sui territori così da valorizzare le risorse del partito a livello locale e mobilitare l’elettorato al momento delle elezioni. Di questo si discuterà nell’assemblea di domenica.



