di Arturo Aiello *
Bussa il Natale alle nostre porte: non è una festa qualsiasi, un’occasione per tirare fuori, almeno una volta all’anno, i nostri sentimenti migliori, una spolverata di bontà come la neve sull’Albero, non è una convenzione sociale, un appuntamento con le luci, i mercatini, i regali, ma, per i credenti, un appuntamento con Gesù, il Figlio di Dio che nasce Bambino a Betlemme. So bene che i credenti sono pochi e dispersi, ma per tutti può essere un appuntamento con l’umanità che Egli è venuto a sposare in un matrimonio, almeno quello, indissolubile. A Natale l’uomo si guarda allo specchio per fare il test del cammino di umanizzazione che lui e i suoi simili stanno compiendo. Non basta nascere cucciolo d’uomo per essere umani, non è automatico, la nascita è data uguale per tutti, ma solo per alcuni ad essa segue un cammino culturale e spirituale, spesso arduo, per diventare nel cuore ciò che si è già nel corpo. “Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell’uomo l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano” scriveva Martin Buber nel 1947 in un piccolo prezioso testo dal titolo ”Il cammino dell’uomo”. Hermann Hesse che lo aveva letto scriveva all’autore “è indubbiamente quanto di più bello io abbia letto. La ringrazio di cuore per questo dono così prezioso e inesauribile. Lascerò che mi parli ancora molto spesso”. Una sfida veramente natalizia è tornare a se stessi, al compito per cui siamo qui, adesso, ancora vivi, nella responsabilità di rendere umano il mondo. Sul piano geopolitico quanto qui affermato è contraddetto in maniera platealmente dolorosa dalle guerre ancora in atto dove la continua dilazione della pace possibile aggiunge vittime a vittime come se fossero solo soldatini di piombo e non uomini e donne come te, come me, come noi. Non possiamo cantare “Tu scendi dalle stelle” mentre ad atterrare sono solo droni col loro carico di morte: “Adamo, dove sei?”. Come per Maria e Giuseppe nella notte di Natale continua a non esserci posto per quanti approdano al nostro Occidente malato in cerca di pace, di lavoro, di dignità: “Adamo, dove sei?”. La Chiesa Italiana, ma è tutto partito dai nostri territori irpino-sanniti, si interroga sul futuro delle “Aree Interne” nel tentativo di difenderle, ma chi sta al potere ha già pianificato un’eutanasia dei nostri territori destinati -lo afferma una ricerca Svimar – alla desertificazione: “Adamo dove sei?”.
La schiera dei poveri va ampliandosi come un’epidemia mentre il gruppo dei ricchi va restringendosi a forbice, il cartello vendesi affolla le vetrine chiuse e grigie di negozi strozzati dal nodo scorsoio di una economia disumana: “Adamo, dove sei?”. Continua la processione dei suicidi in Irpinia, giovani e anziani che non trovano nulla di preferibile alla morte, in città il ponte della Ferriera appena restaurato è stato soppiantato dall’area cimiteriale come location, qualcuno ha commentato con cinismo “A Km. 0”: “Adamo dove sei?”. In questo momento, con tanti e drammatici problemi, l’avellinese medio è preoccupato per le dimensioni dell’Albero di Natale in Piazza Libertà non sufficientemente in linea col blasone della città: “Adamo, dove sei?”. È la domanda che inquieta tutta la Bibbia fin dalle sue prime pagine: Dio in cerca dell’uomo, ma anche l’uomo che ha perduto la sua somiglianza e il suo simile. Un uomo solo, senza compagnia, lontano dalla comunità umana, nell’imminenza della sera che cade come ce lo ha consegnato Quasimodo. Natale è ritrovare l’uomo, l’Uomo-Dio, cercare l’umano come Diogene nella piazza del mercato affollata di solitudini. “Ma per essere all’altezza di questo grande compito -è ancora Martin Buber- l’uomo deve innanzitutto, al di là della farragine di cose senza valore che ingombra la sua vita, raggiungere il suo sé, deve trovare se stesso, non l’io ovvio dell’individuo egocentrico, ma il sé profondo della persona che vive nel mondo”. In questa condizione di uomo cercato da Dio e di uomo che cerca gli altri uomini e il mondo vi raggiungo e vi benedico in questo Natale 2025.
+vescovo di Avellino



