Il PD si è seduto sulla riva del fiume aspettando … Godot, ovvero di veder passare i cadaveri di Di Maio e di Salvini ed intanto li sta spingendo l’uno nelle braccia dell’altro. E’ la politica del non sense imposta da Renzi, dissennata in presenza di una legge elettorale deficiente, che ha voluto e approvata con Berlusconi. I suoi fedelissimi, con in testa Rosato, Guerini, Orfini, Marcucci continuano a comparire in tv e a parlare per lui, nella colpevole passività della minoranza del partito che, con Orlando, Cuperlo, Emiliano continuano un silenzio assordante.
Dove vuole andare il PD? Dopo la storica batosta del 4 marzo, largamente annunciate da tutte le precedenti tornate elettorali e dall’esito fallimentare del referendum del 4 dicembre 2016, non c’è stata alcuna seria riflessione sulle cause della sconfitta; nessuna seria autocritica. L’assemblea plenaria, convocata il 21 aprile per l’elezione del nuovo segretario, è stata rinviata su imposizione di Renzi, per non far modificare la linea del partito che è sempre la sua. Eppure gli errori di conduzione del partito e del governo, che in primo tempo aveva illuso molti italiani sono stati numerosi e gravi e lo hanno condannato ad una sconfitta che appare definitiva. Ha riscoperto Berlusconi e ha fatto le leggi che lui non era riuscito a fare per l’opposizione intransigente del suo partito anche con l’aiuto di Alfano e Verdini: il Jobs Act, rilevatosi, come la legge sulla buona scuola (i laureati emigrano perfino in Spagna!) e la riforma Madia, un fallimento. Se si aggiungono le due leggi elettorali, incostituzionali e prive di ogni elementare buon senso, ed una riforma della Costituzione pasticciata ed inconcludente, fortunatamente bocciata dagli italiani, l’insuccesso non poteva che essere conseguente.
Quanto al partito: ha negato ogni possibilità di dialogo interno, favorendo una scissione sciagurata; non ha saputo ascoltare il paese, che ha descritto in una crescita che la gente non ha percepito; Si è allontanato dalle periferie, allocandosi nei centri delle città, dai Parioli di Roma al cuore della Milano bene; ha dialogato con Marchionne, i banchieri rampanti e i poteri forti invece che con i sindacati che ha umiliato e cacciato dalle fabbriche mettendosi contro i naturali elettori del vecchio PCI/PDS; non ha combattuto seriamente l’evasione fiscale (le bollette sono arrivate alle stelle!) ed ha favorito il progressivo arricchimento dei pochi a danno dei molti e dello stesso ceto medio; non ha difeso il made in Italy non ha messo in atto alcuna valida protezione sociale in aiuto alla perdita del lavoro ed alla precarietà; non ha combattuto la povertà ed ha limitato, fino a farli scomparire, i diritti dei lavoratori umiliando la loro dignità ed emarginando il lavoro sancito dalla Costituzione; non ha fatto alcuna politica seria sul complesso problema dell’immigrazione e della sicurezza (due problemi che marciano insieme!) nei confronti dell’Europa (alla quale si è venduto per un piatto di lenticchie – maggiore flessibilità equivalente a maggior debito!), costringendola ad un controllo comune delle frontiere che in Italia sono date per tre quarti dal mare e che dovrebbero essere perciò comuni perché l’Italia per molti immigrati é terra di transito. All’interno non ha fatto una seria politica di controllo e di allontanamento per i non aventi diritto e di integrazione per gli aventi diritto, facendo passare per una vittoria un cinico accordo – a pagamento- con i trafficanti di uomini.
In tutto questo sfacelo, Renzi mantiene ancora il controllo sul partito attraverso i suoi nominati, ostinandosi nel proseguimento di una politica sciagurata che sta portando il partito all’emarginazione se non alla scomparsa. La posizione del Pd in questa fase di formazione di un governo da dare al Paese è assurda e deleteria per gli italiani e per lo stesso PD. Invece di sedersi intorno ad un tavolo andando a vedere le carte del M5S, sta facendo di tutto per favorire un governo Di Maio Salvini e la calata dei barbari a Roma alla conquista del potere, nella sciocca considerazione che sarà uno sfascio nel quale sarà travolto, con l’Italia anche quello che resta del PD. Sarebbe, invece, opportuna, se non una alleanza su un programma concordato con la garanzia di un Presidente terzo (Bonino, Grasso, Bersani) con ministri europeisti, anche solo una non sfiducia tecnica, con libertà di giudicare volta per volta sulle leggi proposte al Parlamento, come voleva fare Bersani nel 2013. Sarebbe un bene per l’Italia che il Pd tornasse in gioco per rivendicare i valori tradizionali della sinistra ed il consenso perduto liberandosi definitivamente del renzismo e dei suoi paladini, invece di rimanere sulla sponda del fiume aspettando Godot.
di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud