L’ala protettrice di Sergio Mattarella è calata di nuovo sul governo impegnato in una complessa trattativa su più fronti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi del Piano di ripresa e resilienza e quindi i cospicui finanziamenti europei ad esso collegati, e per sciogliere i nodi complicati di dossier come quello dei flussi migratori dall’Africa verso l’Europa che fanno rotta sui porti italiani e provocano un contenzioso con la Francia di cui non si vede la fine. Le cronache della prima del Boris Godunov, giovedì alla Scala riferiscono di una presidente della Commissione Ursula von der Leyen molto impressionata dalla vera e propria ovazione tributata dal pubblico al Capo dello Stato; ma anche le altre personalità italiane presenti nel palco reale – il presidente del Senato Ignazio La Russa e la premier Giorgia Meloni – oltre ai ministri in platea, hanno potuto misurare la stima e la gratitudine degli italiani verso l’inquilino del Quirinale: un patrimonio di credibilità e di prestigio di cui il governo si può avvalere per garantirsi un cammino sicuro fra i trabocchetti del parlamento in piena sessione di bilancio e nei vertici europei che si susseguono a ritmo serrato. Negli ultimi giorni Mattarella non si è proprio risparmiato, offrendo all’esecutivo una sponda preziosa per condurre con successo la trattativa in corso a Bruxelles offrendo le richieste garanzie sull’affidabilità italiana. “Oggi l’Italia è più europea e c’è più Italia in Europa”, ha riconosciuto von der Leyen alla cerimonia in onore di Mario Monti alla Bocconi, e il suo voleva essere un riconoscimento all’ex Commissario al Mercato interno e alla Concorrenza, ma anche un apprezzamento per le parole pronunciate da Mattarella ventiquattr’ore prima all’assemblea delle Regioni: gli obblighi assunti verso la Ue vanno onorati perché ad essi “è legato il futuro dell’Italia”, in quanto i finanziamenti erogati dalla Commissione possono contribuire al superamento del divario storico fra aree sviluppate del Nord e Mezzogiorno da sempre svantaggiato. Occorre quindi uno sforzo comune, “un impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali”. Giorgia Meloni si è detta subito d’accordo, e a questo punto, tenendo conto anche delle aperture del Commissario Gentiloni, si può ritenere che un’intesa sui ritocchi al Pnrr italiano che tengano conto degli effetti dell’inva – sione russa dell’Ucraina, dell’inflazione e degli aumentati di prezzo delle materie prime sia a portata di mano. Detto ciò, tuttavia, non si può chiedere al Capo dello Stato di andare oltre interferendo nella sfera dell’esecutivo o dando indicazioni di contenuto. Spetta al governo, frutto di una vittoria elettorale e nato da un’alleanza politica, realizzare il proprio programma tenendo conto delle situazioni date e del contesto internazionale. In questo quadro va registrato il permanente stallo delle relazioni con la Francia sulla questione dei migranti: appena quarantott’ore fa c’è stato un gelido scambio di battute fra Roma e Parigi e solo una fastidiosa influenza che ha colpito Giorgia Meloni ha evitato l’imbarazzo di un incontro ravvicinato con Macron al vertice euromediterraneo di Alicante di ieri. E intanto un’altra brutta notizia per il governo italiano è arrivata dalla Germania, dove il tribunale costituzionale ha dato il via libera all’adesione alla riforma del Meccanismo europeo di Stabilità. Ora è soltanto l’Italia a negare il suo assenso, in nome di un sovranismo che ha fatto il suo tempo ma che ora rischia di entrare in collisione con lo sciovinismo francese così come con il filoputinismo dell’ungherese Orban. Ma per lo scioglimento di questi nodi il governo non può contare sulla sponda del Quirinale.
di Guido Bossa