“La vera emergenza educativa siamo noi genitori. Piantamola con questa menzogna che non esistano strade per educare i giovani di oggi”. Non usa mezzi termini Franco Nembrini, docente ed educatore, nel confronto dedicato a don Luigi Giussani, fondatore nel 1954 di CL, movimento cattolico diffuso in circa 70 paesi in tutto il mondo, promosso da Comunione e Liberazione nel centenario della nascita – a moderarlo Sergio Manzo – presso il Polo dei giovani di Avellino, con il patrocinio del Comune di Avellino. “I ragazzi – spiega Nembrini – un cuore ce l’hanno ma guardano ciò che li circonda, guardano noi e non trovano speranza. Si ripetono che se devono diventare come i loro genitori, perennemente infelici, allora non vale la pena darsi da fare per nulla. Più facciamo loro la guerra più portano avanti questa guerra”.
Ricorda come “Educare è un atto di misericordia, abbracciamo l’altro e lo accettiamo così come è, dandogli l’energia per cambiare. Educare vuol dire perdonare, non ricordare continuamente ai nostri giovani quali sono i valori da seguire”. Quindi si sofferma sul suo incontro con don Giussani “Mia sorella lo aveva conosciuto in un momento difficile della sua vita ed era stata conquistata da lui, tanto da decidersi di farsi monaca, una scelta che si contrapponeva a quella di un altro dei miei fratelli che aveva lasciato il seminario per avvicinarsi ai gruppi extraparlamentari, era diventato nemico di Dio. Fu così che don Giussani decise di venire nelle valli bergamasche per conoscere la famiglia di quella ragazza che aveva una vocazione così forte. Lui e mia madre si capirono al volo, “tra santi ci si annusa” e don Gius fece arrivare un pacco di libri destinato a mio fratello. Immaginavo che in quel pacco ci fossero testi come la Bibbia e il Vangelo, c’erano volumi come ‘Il capitale” di Marx. Fu allora che ebbi l’impressione che quest’uomo aveva a che fare con Dio, non voleva conquistare mio fratello alla fede cattolica, gli stava dicendo soltanto che avrebbe dato la vita per lui. Decisi, allora, di partecipare ad un raduno di quella che allora si chiamava Gioventù studentesca a Pesaro, non capivo il loro linguaggio ma era bellissimo vedere 6000 ragazzi che cantavano, pregavano e ballavano. Dissi loro che mi avevano fatto venire il sospetto che Dio esistesse ma che ora dovevano farmelo incontrare. Dentro di me è maturata la certezza che non avrei sprecato nemmeno una tessera del puzzle che era la mia vita, che tutte le tessere, dopo tanta inquietudine, fossero nel posto giusto. Don Giussani mi aveva restituito la forma della scatola e vivere sapendo che tutto ha senso è un’altra cosa”
Spiega con amarezza come a pochi importa della sofferenza dei giovani “le scelte del governo e della chiesa sembrano andare in una direzione opposta”. E chiarisce come per don Giussani “l’educazione è rischio, è insegnare l’altro a ragionare, a fare le proprie scelte in libertà, sapendo che potrebbe anche rifiutare i tuoi insegnamenti”.
Di forte suggestione anche la testimonianza di don Massimo Granieri “Avevo molti preconcetti nei confronti di don Giussani e di Comunione e Liberazione ma sperimentando il suo metodo educativo ho ritrovato anche la fede”.
E’, infine, il vescovo Arturo Aiello a concludere il dibattito, citando i versi di Camillo Sbarbaro “Se anche tu non fossi mio padre/per te stesso ugualmente ti amerei”, sottolineando come “Chiedo sempre ai giovani se abbiano un maestro che li abbia segnati, che abbia insegnato loro ad andare avanti portando con sè un bagaglio prezioso. Ma oggi i maestri sono merce rara. Invece, abbiamo bisogno di padri che ci mostrino la primavera, che ci dimostrino che la pace è possibile, mentre infuria la guerra. Ciascuno di noi entri in questo rischio, che è l’educazione, poichè non accettare questo rischio significa restare fuori dalla vita”