Grottaminarda. E se le acque di quello che resta del fiume fossero inquinate ancora di più di quello che sappiamo? Quando si potrà mettere una parola, se non definitiva,almeno decisiva per riuscire a capire ancora di più. E meglio. La voce degli ambientalisti si è affievolita, ha perso consistenza.
Da quando, cioè, non si sente più quella di Anselmo La Manna, che purtroppo ci ha lasciati qualche anno fa. Il tempo va via veloce. Perché ne è passato da quando, per la prima volta un magistrato coraggioso, e giovane, della Procura di Ariano Irpino, apre un fascicolo sull’inquinamento del fiume Ufita.
Era Daniela Tognon, anche lei ci ha lasciati troppo presto. Ed è stato inutile portare prove alle stazioni delle Guardie forestali, chiedere più attenzione alle istituzioni. E alla politica. Ai sindaci delle comunità che attraversano, e accompagnano, questo fiume che arriva fino quasi alla Puglia. Della mano dell’uomo che, anche da queste parti, ha commesso guasti, in questo caso ambientali, ormai dovrebbe esserci la certezza.
tLo sviluppo, il progresso che deve arrivare in questa valle ha fatto dimenticare tutto il resto. Quante indagini cominciate e, poi, rimesse dentro ai cassetti della Procura. Nemmeno la forza di associazioni del luogo, di chi trascorreva le domeniche lungo le sponde del fiume per verificare le acque nere del fiume Ufita, bastano più. Ma la comunità vuole sapere. Se va tutto bene basta che si dica. Ma se non è così, allora, cosa si aspetta ad intervenire?
I sindaci della comunità che ci girano intorno, spesso, dicono in coro:”Abbiamo le mani legate”. Sarà mica vero? E il Consorzio di Bonifica dell’Ufita che ruolo ha? Perché non si fa sentire? La sede di Grottaminarda, infatti, potrebbe avere una parte importante in questa storia.
G.V.