Not In My Back Yard: “Non nel mio cortile”. E’ naturale la protesta quando si tratta di costruire opere pubbliche che hanno un certo impatto sul territorio. Ed è naturale avere timore di effetti negativi per l’ambiente, di rischi per la salute o per la sicurezza degli abitanti o per una riduzione dello status del territorio.
Ed è comprensibile che la preoccupazione cresca se si tratta di realizzare un impianto per la gestione dei rifiuti. Anche quando tutto è a posto, nel senso se le carte sono in regola, vale a dire se la sicurezza è assicurata, comunque qualche perplessità c’è sempre.
Se tutto è in regola per l’impianto di gestione rifiuti a Salza Irpina, si vedrà il prossimo 2 aprile, quando si riunirà la conferenza dei servizi per discutere dell’autorizzazione – delle varie autorizzazioni – necessarie a dare il via libera all’opera.
A partecipare alla conferenza, il sindaco del Comune, Luigi Cella, il Genio civile, la Provincia, l’Arpac, il comando dei Vigili del Fuoco, l’Asl, l’Ente Idrico Campano Ambito Distrettuale ‘Calore Irpino’, l’Ato rifiuti, l’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino, l’Albo Nazionale Gestori Ambientali, la Soprintendenza per i Beni Archeologici, la Comunità Montana Terminio Cervialto e la società che ha richiesto l’autorizzazione unica per la realizzazione e la gestione di un impianto di trattamento e recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi.
La location dell’impianto è Macchia di Merole, una zona classificata come boschiva.
Nello specifico, l’area del progetto ricade in una “porzione laterale al comparto di estrazione, dove in passato è già stato effettuato il ripristino ambientale delle pareti rocciose gradonate”, è scritto nella relazione presentata da uno dei tecnici incaricati dalla società.
Il sito, in conclusione, presenta esclusivamente “una modesta rete idrologica superficiale, a carattere stagionale, e non si sono rilevate, nelle immediate vicinanze del punto di localizzazione della cava, falde idriche superficiali e/o profonde, nei primi 70/80 metri”.
Da quanto risulta dai documenti presentati dalla società, le operazioni nella discarica riguardano una tipologia di rifiuto individuata dai codici CER come miscele bituminose. Si tratterebbe di fresato di asfalto.
In una delle relazioni si legge che “il rifiuto in ingresso giungerà all’interno di cassoni o in altra modalità (es. rinfusa sui camion) e posizionato nella zona riservata prima al conferimento e poi alla messa in riserva poste entrambe su pavimentazione impermeabilizzata, in attesa del successivo avvio delle operazioni di selezione all’interno e a recupero all’esterno dell’impianto”.
In termini generali la soluzione impiantistica è finalizzata alla “messa in riserva dei rifiuti; e operazioni preliminari precedenti al recupero”. Viene anche specificato che “l’area di conferimento dei rifiuti sarà ben distinta dalle aree adibite alla messa in riserva e selezione rifiuti e dotate di superficie impermeabile”.
Ancora: la superficie occupata dai cassoni-cumuli: 3000 m2 – la metà di un campo da calcio – , la superficie occupata da cumuli sarà invece di 1000 m2. Ancora qualche informazione tecnica: lo stoccaggio dei rifiuti in cumuli sarà realizzato su pavimentazione impermeabile resistente all’attacco chimico dei rifiuti e dotata di apposita pendenza tale da convogliare liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta. I cumuli depositati saranno protetti dalle acque meteoriche e dall’azione del vento mediante copertura con telo avvolgibile. Si precisa inoltre che l’altezza dei cumuli non supererà i 3 metri.
Come funzionerà l’impianto? E’ questo che preoccupa i cittadini: l’attività lavorativa si svolgerà per circa 5/6 giorni a settimana (circa 300 giorni all’anno) per circa 8 ore al giorno e prevederà la messa in riserva di rifiuti inerti, che una volta messi in riserva saranno conferiti poi presso impianti all’uopo autorizzati al recupero e/o smaltimento finale.
Ecco, quanti rifiuti arriveranno? “In totale 1.125.000 tonnellate all’anno di rifiuti messi in riserva”. Non pochi. La comunità di Salza è in apprensione, chiede garanzie in primis all’amministrazione comunale. E soprattutto a prescindere dalla sicurezza: non sarebbe il caso di salvaguardare il perimetro di un piccolo borgo a cui rimane come unica ricchezza il suo territorio verdeggiante? E allora, vale il vecchio detto, il buon senso del motto: “Not In My Back Yard”.