di Vera Mocella
Parlare del brigantaggio meridionale in una accezione particolare come quella che ha visto coinvolte le donne in questa battaglia. Un tema avvincente per scandagliare questo spaccato storico e per comprendere il ruolo che ha avuto il mondo femminile in questa dinamica, fino ad analizzare le ricadute nel contesto attuale. Un percorso affascinante, contrassegnato da luci e da ombre, in cui la forza e l’intelligenza femminili diventano le reali protagoniste. “Filomena, la regina delle selve. Storia e storie delle donne del brigantaggio”, un testo scritto da Valentino Romano, è stato il filo conduttore di questo appassionante dibattito che ha coinvolto, oltre all’autore, Rosanna Repole, sindaco di Sant’Angelo dei Lombardi, Ramona Del Priore, docente informatica ed esperta del Terzo settore, Tony Lucido, presidente della Pro Loco Alta Irpinia, Mimma Lomazzo, consigliera alle Pari Opportunità della Regione Campania, Vera Mocella, giornalista, nell’anfiteatro della Pro Loco santangiolese. Tony Lucido ha parlato di revisionismo storico e di un periodo, come quello post unitario, da rivalutare e da rivedere. «Valentino Romano è uno storico rigoroso ed appassionato – ha esordito – anche qui da noi, molti briganti santangiolesi sono stati catturati, processati e poi condannati. La protagonista del libro, Filomena Pennacchio, è una prozia di mia nonna, sposata con un Sepe di San Sossio Baronia, quindi anche tutta la vicenda legata a questa figura femminile, mi coinvolge. Tutta l’attività di questa serata sarà concentrata sul mondo delle donne. Avremo interventi che analizzeranno anche le conquiste fatte in Irpinia dalle donne ed il loro ruolo attuale. La cultura della desertificazione, in cui i nostri paesi sono immersi, incide anche sulla dignità delle s donne stesse ». Il sindaco, sottolineando l’importanza di questi eventi culturali, ha ribadito l’importanza di figure femminili che hanno segnato la storia del territorio. «Ricordo la storia avvincente di alcune brigantesse irpine – ha esordito – perché anche la nostra terra ha lottato per il riscatto del Meridione. Ricordo una brigantessa di Volturara, oltre a Filomena Pennacchio, che è la protagonista di questo libro. Ma andando avanti nel tempo, anche altre donne che si sono distinte nella difesa delle terre ad Andretta, al Formicoso, quando c’è stato il pericolo della discarica. Ricordo donne anche di ottanta anni, che hanno lottato per evitare che il Formicoso diventasse una discarica a cielo aperto. La carrellata di figure femminili che hanno dato lustro al nostro territorio, è davvero imponente. Donne impegnate in politica, come Carmelina Famiglietti, fondatrice dei servizi sociali ante litteram, del Cif, donna che ha fatto la storia della Democrazia Cristiana, la prima donna irpina che ha studiato alla Cattolica con personalità del calibro di De Mita, Bianco. La nostra storia, passa anche attraverso l’apporto femminile. Sarebbe importante, anche con l’aiuto di storici, recuperare queste figure di donne importanti nel panorama irpino »Impegnata nella promozione del territorio irpino, anche Ramona Del Priore che ha ricordato come il “Caffè letterario “ e “Letterando per i borghi”, un festival culturale itinerante, abbiano ottenuto finanziamenti per l’attività di promozione dell’Alta Irpinia. « La popolazione irpina combatte il fenomeno drammatico dello spopolamento, della desertificazione. Nella mia storia personale, la realtà imprenditoriale si affianca al volontariato – ha sottolineato – oltre a svolgere l’attività di docente, che è un osservatorio privilegiato per analizzare la nostra realtà, sono impegnata in un progetto di imprenditorialità sociale, un ente del terzo settore interamente al femminile. Il nostro è l’unico tour operator dell’Alta Irpinia. Non è il territorio che deve dare qualcosa a noi, ma siamo noi a dover dare qualcosa al territorio. Prima le donne erano ingabbiate in stereotipi, ma tocca a noi, che siamo le donne del futuro, prendere in mano il nostro destino». Anche Mimma Lomazzo, storica paladina dei diritti femminili, ha ricordato, sulla scia della figura di Filomena Pennacchio, donna autorevole e forte, come il mondo muliebre abbia contribuito alla crescita socio culturale del territorio. «Da Rosanna Repole, che incarna la storia proficua dell’Alta Irpinia – ha ricordato – alla professoressa Filomena Marino, impegnata nella battaglia contro la chiusura del Liceo di Nusco, alle giornaliste come Elisa forte. Dobbiamo adottare le giuste strategie affinché i nostri ragazzi scelgano ancora la loro terra per lavorare e per vivere. Dobbiamo lottare contro chi parla di “lungo declino” del territorio. Se analizziamo i dati di occupazione delle donne e degli uomini sul nostro territorio, possiamo vedere a che punto stiamo. La discriminazione femminile è un fatto prettamente culturale, che deve essere combattuto soprattutto a scuola. Se andiamo a guardare i dati dell’ispettorato del lavoro sul sito della regione, vediamo come 115 donne siano state costrette a lasciare il proprio posto di lavoro. Ancora oggi, tante donne sono penalizzate, sul piano lavorativo, per il fatto di essere madri Mi sono impegnata in progetti per la realizzazione di asili nido che vengano incontro ai bisogni delle madri lavoratrici. La nostra regione è diventata quella più vecchia, le donne, seppur competenti e plurilaureate, spesso vengono messe ai margini del mondo lavorativivo. Lotto per uno sviluppo serio del territorio e per reali pari opporunità tra mondo maschile e mondo femminile. E’ stato Poi l’autore a far addentrare i presenti nella storia di Filomena Pennacchio. «Correggo il termine “brigantesse” con quello più appropriato di donne guerrigliere contro l’invasione piemontese. Polemica dura contro i nostalgici neo borbonici. Sono le madri, le sorelle, le mogli, le amanti, tutte donne dedite al brigantaggio, con l’appellativo di “manuntenga”, le figure femminili che emergono in questo contesto. Il brigantaggio non appartiene al solo meridione, ma a tutti i sud del mondo. Certo, questo fenomeno rappresenta la prima discesa in campo dell’universo femminile, le donne hanno scardinato un archetipo millenario, quello della donna chiusa in casa, schiava del marito, del compagno o del padre. Queste sono donne che infrangono uno schema e che decidono da sole del proprio futuro. Ma non bisogna pensare ad una sorta di proto femminismo, non c’è una ideologia che le guida, ma solo una scelta personale. Molte donne hanno seguito il proprio uomo, il proprio compagno, hanno fatto una scelta d’amore. Qualcuno ha scritto che le donne di quel tempo, erano ridotte in schiavitù, “donne considerate meno del maiale di casa”, in quanto sostituibili nelle loro funzioni generative, di accudimento, quindi considerate uno scarto. Queste figure femminili ribaltano il proprio destino. Filomena Pennacchio si dà alla macchia: il suo è un gesto di resa o di speranza? Partecipa alle azioni militari della banda, spesso incitando i compagni. E’ lei che esce, cavalcando, dal fondo della macchia. Ha le prerogative del vero capo, ha non una sola pistola, come tutti i capi, ma addirittura due. Quando sarà catturata, farà i nomi anche di tutti i complici, nel vano tentativo di salvar loro la vita. Tutto quello in cui aveva creduto, non esiste più. Il brigantaggio post unitario è una storia di molti doppi – giochi. Sarà condannata a venti anni di lavori forzati, che poi saranno ridotti a sette, che sconterà a Torino, non a Fenestrelle. Voglio solo ricordare che su duecento donne incarcerate a Torino, dodici donne moriranno in prigione, come è stato scritto: “queste donne, lontane dai loro cieli, moriranno di malinconia”. Poi la Pennacchio andrà nella casa di Valperga, che sposerà, anche se di oltre dieci anni più giovane. Probabilmente per convenienza. Filomena morirà in quella che prima era la “terra nemica”, ma che poi l’accoglie. Anche in questo evento, riscontro un superamento di quella dicotomia Nord Sud, la terra un tempo nemica, è proprio quella che accoglie e custodisce le spoglie mortali di Filomena. Adesso campeggia un totem, con una epigrafe scritta da me, per ricordare questa donna coraggiosa, che ha fatto la storia». E se il termine druda, con cui erano spesso denominate queste donne, risale alla dolcezza del lessico della poesia provenzale, come ha sottolineato Mocella, in cui indicava la donna amata, l’amante, la sua derivazione anche celtica con l’accezione di “forte, valorosa”, apre altri scenari interessanti sul brigantaggio femminile.