di Anna Bembo
La notte scorsa il Mediterraneo è tornato a essere teatro di tensioni: le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, un convoglio di circa trenta barche partite con l’obiettivo di raggiungere Gaza e consegnare aiuti umanitari, sono state intercettate dalle forze israeliane quando si trovavano a sole 46 miglia nautiche dalla Striscia.
Gli attivisti a bordo hanno raccontato in collegamento:
«Al momento venti imbarcazioni stanno venendo verso di noi, non sappiamo le loro intenzioni. Siamo determinati a continuare: facciamo rotta verso Gaza per rompere il blocco navale e aprire un corridoio umanitario permanente».
Nella notte tredici navi sono state fermate, altre otto bloccate nelle ore successive: in tutto ventuno imbarcazioni intercettate, con circa 200 persone di 37 nazionalità diverse. Tra loro 22 italiani.
Il Ministero degli Esteri italiano ha confermato che i connazionali «sono in buone condizioni» e verranno identificati e rimpatriati nelle prossime ore. «Le operazioni si concluderanno in giornata – ha dichiarato il ministro Tajani – e continueremo a monitorare minuto per minuto».
A bordo c’erano figure di spicco come il parlamentare Pd Arturo Scotto, l’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi, il senatore M5s Marco Croatti e diversi giornalisti e operatori umanitari. Scuderi, in un video diffuso prima di perdere la connessione, ha parlato di «atto di pirateria» e di «violazione del diritto internazionale».
La mobilitazione del popolo
La notizia dell’abbordaggio ha innescato una mobilitazione immediata in tutta Italia. Nella notte tra l’1 e il 2 ottobre, piazze e stazioni si sono riempite di cortei di solidarietà con la Flotilla e con il popolo palestinese.
A Roma circa diecimila persone si sono radunate in piazza dei Cinquecento, davanti alla stazione Termini, che è stata chiusa in via precauzionale. Il corteo, cresciuto con l’arrivo di manifestanti da San Lorenzo, ha bloccato il traffico fino al centro storico e ha tentato di avanzare verso Palazzo Chigi. Momenti di tensione si sono registrati in via del Tritone, chiusa dalle forze dell’ordine, ma la protesta è poi confluita pacificamente a piazza San Silvestro.
Parallelamente, occupazioni e sit-in hanno interessato scuole e università: lettere bloccata a La Sapienza, Palazzo Nuovo a Torino, il liceo Minghetti a Bologna, la Statale di Milano occupata dagli studenti. Rete Napoli per la Palestina ha annunciato una nuova manifestazione: «Blocchiamo tutto – hanno dichiarato – non saremo complici del silenzio».
Anche il sindacato Usb ha proclamato uno sciopero generale per il 3 ottobre, chiedendo la fine delle collaborazioni militari con Israele e il blocco dei porti commerciali.
La vicenda della Flotilla ha diviso il mondo politico italiano.
La premier Giorgia Meloni, da Copenaghen, ha assicurato che «faremo il possibile per riportare a casa i nostri connazionali il prima possibile», mentre il vicepremier Matteo Salvini ha criticato lo sciopero indetto dai sindacati: «Il diritto allo sciopero è sacrosanto, ma non quello al caos. Uno sciopero improvviso per motivi politici non può essere organizzato con così scarso preavviso».
Un’ora fa la Meloni ha affermato: “Continuo a ritenere che questo non porti alcun beneficio al popolo della Palestinese e penso che porterà molti disagi al popolo italiano, lo stesso che ieri veniva ringraziato dai palestinesi per il lavoro che sta facendo: ieri siamo stati la prima Nazione ad aprire un corridoio per i ricercatori, ricordo che siamo la Nazione non islamica che ha evacuato più persone da Gaza per essere curate nei propri ospedali, siamo una delle prime Nazioni al Mondo per consegna di aiuti. Tutto questo è stato fatto con le risorse del popolo italiano”.
Dal Parlamento, le opposizioni hanno chiesto una linea più netta: Pd, M5s e Avs hanno presentato una risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina nei confini del 1967, per la protezione degli attivisti della Flotilla e per un cessate il fuoco immediato a Gaza.
Nel frattempo, a livello europeo, cresce la pressione sulle istituzioni: l’avvocato Jaume Asens, difensore della Flotilla, ha denunciato che «i 200 attivisti sono isolati da ore, privati dei cellulari, senza contatti con l’esterno», chiedendo alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di «proteggere cittadini europei o smettere di tacere».
L’intervento di Emilio Mola
Nel mare agitato di dichiarazioni politiche e tensioni sociali, ha trovato ampio risalto un post del giornalista e divulgatore Emilio Mola, ricondiviso da quasi 40mila persone in poche ore. Il suo intervento ha dato voce a un sentimento diffuso di indignazione:
“Me lo ripeto, perché mentre lo scrivo il mio cervello si rifiuta di memorizzarlo. Forze armate, navi militari, soldati stanno abbordando, esattamente come facevano i pirati, delle barche che portano cibo a un popolo a cui quello stesso Stato ha demolito ogni casa, fabbrica, ospedale.
Non portano armi. Non portano bombe. Portano cibo.
E il fatto che portino cibo è considerato da quello Stato una ‘minaccia’.
L’inconcepibile è diventato realtà.”
Le sue parole hanno contribuito a spostare il dibattito dall’arena geopolitica a quella etica, ponendo al centro la questione umanitaria e il valore simbolico della Flotilla.
Uno spartiacque nel dibattito italiano
La crisi della Flotilla non è solo un evento di cronaca internazionale: ha riaperto in Italia la frattura tra chi invoca la ragion di Stato e chi chiede di anteporre i diritti umani alle logiche diplomatiche.
Mentre gli attivisti restano in attesa di essere identificati e rimpatriati, l’opinione pubblica si divide tra piazze, social e istituzioni: un mare in tempesta che riflette l’onda lunga di una crisi mediorientale che l’Europa non può più ignorare.