Un breviario per chi ha perso la via. Recita così il sottotitolo della raccolta del poeta Franco Arminio e del teologo e sacerdote Guidalberto Bormolini, “Accorgersi di essere vivi”, Ponte alle Grazie edizioni. Il 30 settembre alle 19.30, il poeta e paesologo irpino lo presenterà al convento di San Francesco a Solofra con la partecipazione del pianista Luis Di Gennaro. Un viaggio tra spiritualità e poesia, per comprendere la centralità del sacro per costruire un mondo migliore “Non mi sono posto il problema se credo o non credo in Dio, mi sono posto il problema che il mondo non può andare avanti se persiste e si accentua il divorzio dal divino…La questione è che non ci possiamo riconnettere se rimaniamo quello che siamo: animali spaventati incapaci di affidarci e di credere. Prima della riconnessione è cruciale la rigenerazione dell’umano. Serve tornare alla vita profonda se vogliamo tornare alla vita con gli altri….Se vogliamo abitare degnamente il mondo dobbiamo dare grande spazio alla poesia e alla spiritualità nella nostra vita….E’ chiaro che è necessario un radicale ripensamento dell’umano e un suo allargamento agli animali e alle piante: siamo tutti abitanti del piccolo pianeta del respiro, l’unico che per ora conosciamo in giro. La poesia e la spiritualità forse vanno pensate come strumento di un nuovo umanesimo non come feticci di cui farci mercanti. Sono strumenti preziosi in questo tempo, proprio perchè ci mancano”
Una terapia della parola per chi desidera ritrovare un senso di comunione più ampio e profondo con l’umanità che si affida alla prosa di Bormolini e alla poesia di Arminio. Un incontro, quello tra due sguardi diversi e insieme così vicini nei confronti dell’uomo, che si nutrono del valore delle relazioni, dell’attenzione agli ultimi e a tutte le creature dell’universo. Sono versi, quelli di Arminio, che si fanno preghiera “Accorgersi di essere vivi/è semplicissimo, è un suono/che viene dalla nostra carne,/un suono che la nostra carne ha preso dal suono del mondo/Per sentirlo devi togliere rumore/il rumore che fanno le pretese/i rancori, devi dissociarti/da chi vive per linciare l’infinito/da chi racchiude la vicenda tra le mura dell’ovvio/ e della convenienza”. Proprio come come le parole di Bormolini, richiamo forte alla pace contro le decisioni dei potenti “Per fortuna ho scoperto che non è vero che in origine c’è stato un Big Bang, perchè non è vero che all’inizio di tutto ci fu un rumore assordante e spiacevole come ciò che definiamo un bang: gli scienziati hanno invece scoperto che in realtà all’origine ci fu un’onda sonora, un canto, una musica…Qualcuno lo dica ai potenti che non sono i bang, ma i song a generare e creare”.
Poichè “Se gli Scienziati lasciassero narrare ai poeti le loro scoperte forse il mondo cambierebbe e la radiazione cosmica di fondo, traccia del Big Bang dell’universo, diventerebbe la ‘musica cosmica di fondo’, traccia del Big Song originario”. Cantare ci salva, sembra dirci Bormolini “Vuoi che il mondo cambi? Smetti di gridare la tua rabbia, inizia a cantare la tua canzone d’amore e forse parteciperai alla ricreazione del mondo”. Il libro è un invito costante alla speranza “In questi tempi così bui, rendersi conto che solo al buio puoi vedere le stelle potrebbe dare un senso a tanta oscurità”.
Arminio ci ricorda come il dialogo è l’unica vera strada, consente di restituire sacralità alla parola “Il luogo in cui parlavano gli umani/era sacro/Ora la parola viena scambiata al buio, serve a fissare la rissa….Se almeno i nostri occhi potessero incontrarsi mentre parliamo/se potessimo vederci veramente mentre giochiamo con le nostre menzogne/ della sola verità che ci riguarda. E allora si tratta di ascoltare prima di tutto chi non parla/e dirgli che siamo qui/per stare insieme. Nessuno può affrontare la gioia/ da solo” “Ma siamo sicuri che oggi non abbiamo bisogno di eroi? – si chiede Bormolini – Abbiamo bisogno di qualcuno che testimoni all’umanità con la propria vita che l’impossibile è possibile, perchè solo l’impossibile ci può far volare oltre il dramma dell’umanità che stiamo vivendo”. La scommessa è quella di riscoprire la bellezza della vita a partire dal rapporto col sacro, poichè “La felicità parte da dentro di te, nessuno te la può rapire da fuori…Scopro il mistero del mio stesso corpo in profondità quando me ne stupisco, quando vivo qualcosa in questo misterioso corpo che non mi sarei aspettato per la lunga abitudine di indossarlo”. Poichè “Ognuno è in mezzo al suo deserto/ma c’è sempre una piccola oasi/la scoperta di qualche traccia di sacro/l’attesa di un abbraccio/la commozione/che ci schiarisce il cuore”