di Francesco Barra
La notizia della morte repentina e del tutto inattesa di Claudio Meo ha lasciato me, i suoi numerosi amici e tutti coloro che lo conoscevano in uno stato di smarrimento che è difficile descrivere, come era già avvenuto, in circostanze analoghe, l’anno scorso con l’indimenticabile amico Armando Montefusco. La crudele precocità dell’evento (aveva solo 57 anni) ci ha infatti privato per sempre di un amico e di uno studioso di rara competenza, di squisita e delicata discrezione, di grande sensibilità umana, di sempre pronta disponibilità. Formatosi alla “scuola” di quello straordinario organizzatore di cultura che è stato Elio Sellino, fu tra i protagonisti delle più importanti iniziative editoriali da lui impostate e pubblicate, quali la “Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia” e il “Dizionario Biografico Irpino”, solo per citare alcune tra le maggiori.
Partecipò poi con entusiasmo, dopo la scomparsa di Sellino, alla fondazione della nuova casa editrice “Il Terebinto”, alla quale diede un valido contributo. In seguito preferì dedicarsi prevalentemente (anche se non esclusivamente) al sociale, occupandosi con grande sacrificio e dedizione, grazie anche alle sue competenze giuridiche, dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati. Ma continuò pure a collaborare con le Università di Salerno e “Vanvitelli” di Caserta. Studioso raffinato (anche se forse troppo esigente con se stesso) coltivò pure gli studi storici sull’Irpinia e sulla sua Volturara. Resterà – come sua opera più significativa – l’innovativo saggio che dedicò alla antica legislazione statutaria del Comuni dell’Irpinia, e che fu pubblicato nella “Storia illustrata di Avellino”. Con lui scompare un amico sincero e affettuoso, un volturarese autentico e genuino, un uomo che ha saputo onorare con la sua pur breve e incompiuta esistenza, la nostra Irpinia.