Aveva rivolto sempre uno sguardo attento al Sud, a Napoli e ai piccoli borghi. Uno sguardo evidente nella riscoperta di artisti come Nino D’Angelo e Totò, nel legame con Vinicio Capossela che aveva definito un grande poeta contemporaneo Si è spento ieri all’Ospedale Cavalieri di Malta di Roma all’età di 88 anni Goffredo Fofi. Tra i primi a rendergli omaggio il poeta Franco Arminio. Parlando dell’amicizia che lo legava a lui, ne ha ricordato “il costante, eroico richiamo alla cultura del noi, la polemica inesausta al culto dell’io”. Toccante l’omaggio di Rosetta D’Amelio: “La morte di Goffredo Fofi, uno dei più grandi intellettuali del nostro Paese, rappresenta una perdita enorme per il Mezzogiorno e la città di Napoli.
Sono stati tanti gli attestati di stima arrivati da ogni parte nelle ultime 24 ore. Io voglio ricordare un episodio in particolare. Ero assessore alle Politiche sociali della Regione Campania e lui venne nel mio ufficio, accompagnato da Lucia Mastrodomenico, con una richiesta precisa: “Dai una mano a questi ragazzi”.
I ragazzi erano i protagonisti del progetto Mammut di Scampia, una delle esperienze socio-culturali più innovative e visionarie, e che continua tuttora, realizzate in Campania. Eppure stavano trovando difficoltà a partire. Capii subito che la sua richiesta non era mossa da clientelismo, ma dal desiderio di fare, di fare qualcosa di buono e di farlo notare alla politica, a volte distratta. Fu Luisa Cavaliere a seguire il progetto per l’assessorato”. Mentre lo scrittore irpino Sandro Abruzzese ricorda “Il libro che mi ha spinto a scrivere Meridionali si diventa, è il diario di Goffredo Fofi dell’89. Un lavoro importante perché consente di trovare riscontro continuo nella realtà. Un autore, qualsiasi cosa faccia, deve avere rispetto per la realtà, e poi decidere da che parte stare”
. Saggista, critico teatrale e cinematografico, editore, polemista, animatore culturale instancabile, Fofi è stato una delle voci più lucide, radicali con uno sguardo libero da schemi e compromessi. Una voce scomoda della sinistra, capace di attraversare il secondo Novecento con lo sguardo degli ultimi e degli esclusi. Fondatore di riviste come Quaderni Piacentini, Linea d’ombra e Lo Straniero, ha dato voce a generazioni di autori e registi indipendenti, sempre attento ai temi dell’emarginazione e delle periferie. La sua visione da intellettuale e di impegno era volta alla costruzione di una rete alternativa alla cultura del consumismo e dell’omologazione culturale. Grande l’attenzione rivolta al Sud, nel 1972 era stato tra gli animatori della Mensa per bambini proletari partecipando al dibattito sulla questione meridionale, confrontandosi con nomi del secondo dopoguerra, come Manlio Rossi-Doria a Gaetano Salvemini. Poi, l’inchiesta L’immigrazione meridionale a Torino, rifiutata da Einaudi perché dà fastidio alla Fiat e pubblicata da Feltrinelli. Di fronte della popolarità e del successo della cultura di centrodestra in Italia, aveva più volte ribadito come la sinistra doveva rinunciare all’idea di compiacere la massa, e doveva piuttosto «dispiacerla», se necessario, per costruire un pensiero in grado di guidare l’azione politica.
Più volte aveva sottolineato la forza della provincia, capace di raccontare con rigore i cambiamenti sociali e la necessità di superare la visione di un’Irpinia che la ancorava al sisma del 1980. In un intervento sul Corriere del Mezzogiorno, scriveva come “Ogni irpino si è trovato nei contesti più disparati in cui, appena ha aperto bocca , è stato subito identificato come ‘napoletano’. Il che ovviamente non è una diminutio. Serve però a comprendere che l’Irpinia non è conosciuta né riconosciuta al di fuori dei confini regionali, se non per il terremoto del novembre 1980. Non è cioè collegata, nemmeno nell’immaginario nazionale, ad alcun segno distintivo del nesso territoriale..”
Critico cinematografico tra i più originali del dopoguerra, considerava il cinema come uno strumento per comprendere meglio cambiamenti sociali. Decisivo il suo contributo nella rivalutazione critica di Totò, un artista a lungo trascurato dalla critica cinematografica durante la sua carriera. Sulla scia dell’intuizione di Pier Paolo Pasolini — che aveva voluto Totò nel suo film ‘Uccellacci e uccellini” – Fofi, insieme a Franca Faldini, vedova dell’attore, pubblicò nel 1968 il saggio ‘Totò. L’uomo e la maschera’ (Fetrinelli, 1977). L’opera, considerata una delle prime analisi serie e approfondite sulla figura dell’attore napoletano, è stata più volte riveduta e aggiornata nel corso degli anni, contribuendo in modo significativo a restituire a Totò il posto che gli spetta nella storia del cinema italiano. Fofi aveva curato in precedenza il volume ‘Il teatro di Totò (1932-1946)’, pubblicato da Più libri nel 1976.
Commosso il ricordo dell’Anpi “Salutiamo con dolore Goffredo Fofi, intellettuale degli ultimi e per gli ultimi. Critico letterario, cinematografico, scopritore di talenti preziosi per sensibilità umana e civile, com’era lui. A volte burbero, ma generoso, incorruttibile sui valori e principi, instancabile nel lavoro di scrittura e invenzione di spazi di riflessione e analisi: le riviste, la sua passione. Perdiamo un compagno di strada democratica e resistente. Che la terra ti sia lievissima, caro Goffredo”