Era diventato uno dei simboli dell’identità irpina, della capacità dei piccoli centri di dialogare con l’Europa e il mondo, di fondere locale e globale, tradizione e modernità, tra i massimi studiosi del Novecento della cultura classica.
Era un intellettuale autentico, in cui il rigore morale si accompagnava alla passione per lo studio, alla ricerca instancabile. Pur avendo lasciato l’Irpinia, non aveva mai reciso il legame con la sua terra. Si è spento a Firenze, all’età di 99 anni, il professore Antonio La Penna. Filologo classico, era nato a Bisaccia il 9 gennaio 1925.
Dopo gli studi ginnasiali a Sant’Angelo dei Lombardi e quelli liceali al “Colletta” di Avellino, si era formato alla Scuola Normale di Pisa, sotto la guida di Cesare Giarratano e, soprattutto, di Giorgio Pasquali. Fino ad ottenere la cattedra di letteratura latina nelle università di Pisa e Firenze e insegnare filologia latina alla Normale di Pisa. Oltre seicento le pubblicazioni su cultura letteraria latina e la fortuna dell’antico nel mondo moderno. Il suo nome è legato in particolare a monografie e a contributi su Orazio, Sallustio, Properzio, Virgilio e Ovidio.
La vocazione storica e l’adesione al marxismo lo avevano incoraggiato ad approfondire i rapporti fra letterato e società, con una particolare sensibilità per la storia politica. Fondamentali in questo senso gli studi su Sallustio (Sallustio e la rivoluzione romana, 1968), Orazio (Orazio e l’ideologia del principato, 1963; Orazio e la morale mondana europea, 1969) e Virgilio (Virgilio e la crisi del mondo antico, 1967; Il canto, il lavoro, il potere, 1983). Questa posizione critica si affianca al costante richiamo alla ”lezione” di Francesco De Sanctis. Grande anche l’attenzione rivolta alla favola greca e latina, interpretata come forma espressiva del materialismo delle classi subalterne.
Costante nei suoi studi lo sguardo alla cultura classica, di cui La Penna coglie le tracce e le influenze in molteplici autori. Esemplare il contributo su Tacito nella riflessione politica di Diderot (1979); o la ricostruzione di Roma (e dell’Italia) ai primi dell’Ottocento attraverso l’epistolario di Niebuhr (1991). Gli interessi dello studioso hanno, inoltre, riguardato la letteratura italiana dalle origini al Novecento, e la letteratura europea in generale: Dante, Petrarca, Ariosto, Guicciardini, Leopardi, Carducci, Gide, Valéry, Camus, Gadda. Grande attenzione ha dedicato alla scuola con numerosi contributi e riflessioni.
Tra le altre opere si ricordano: Aspetti del pensiero storico latino (con due scritti sulla scuola classica) (1978); Fra teatro, poesia e politica romana (con due scritti sulla cultura classica di oggi) (1979); Persio e le vie nuove della satira latina (1979); Lettura della terza Bucolica (1981); Lettura del libro nono dell’Eneide (1983); Gli ”scritti filologici” di Giorgio Pasquali (1986); L’elegia di Tibullo come meditazione lirica (1986); Cesare secondo Plutarco (1987); Legittimazione del lusso privato da Ennio a Vitruvio (1989); L’intellettuale emarginato nell’antichità (1990); Il giudizio sulla poesia del primo periodo augusteo e sul mecenatismo in Germania e in Italia fra Ottocento e Novecento (1989); voci dell’Enciclopedia Virgiliana, 1984-90. Ampie sintesi di storia letteraria in Storia di Roma (Einaudi) iv, 1989 e ii, 3, 1992. Eros dai cento volti (2000); Prima lezione di letteratura latina (2003); L’impossibile giustificazione della storia (2005); La letteratura latina del primo periodo augusteo (2013); Ovidio. Relativismo dei valori e innovazione delle forme (2018); La favola antica. Esopo e la sapienza degli schiavi (2021). Uno sguardo esplicito alla società contemporanea si trova in numerosi scritti, come Sulla scuola (1999) o in Aforismi e autoschediasmi. Riflessioni sparse su cultura e politica degli ultimi cinquant’anni (1958-2004).
Nel 1987 gli era stato conferito il Premio Feltrinelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei per la Storia e critica della letteratura.
Commosso il ricordo di Paolo Saggese che a lui dedicherà uno speciale omaggio sul prossimo numero del Corriere dell’Irpinia: “E’ stato il più importante storico della Letteratura latina del secondo Novecento, uno dei maggiori intellettuali italiani contemporanei. Ho avuto l’onore di essere stato un suo immeritato allievo. Ha il merito di aver saputo coniugare una cultura di grande rigore filologico con l’interpretazione della letteratura in chiave marxista e desanctisiana. La filologia non è fine a sé stessa ma viene usata per comprendere la storia e la cultura del mondo antico. I suoi saggi, da quelli dedicati a Virgilio, Orazio e Sallustio, rappresentano il punto più alto raggiunto dalla storia delle letteratura. Sono testi che resteranno dei classici nell’ambito della storia della cultura, indispensabili per chi vorrà comprendere il mondo antico. L’altro insegnamento che consegna la sua figura è legato all’umiltà, al rigore morale che lo ha sempre contraddistinto, alla sua rettitudine che ne fanno un esempio culturale e umano. La Penna ha coltivato la grande aspirazione di cercare la verità, un intento che anima sempre la sua scrittura e poichè anche una piccola verità ci consente di approdare ad una verità più grande, ha avuto il merito di averci fatto conoscere almeno una parte della verità”.
A sottolineare il legame col territorio la comunità di Oscata di Bisaccia, il borgo in cui era nato: “Una vita dedicata alla cultura, agli studi ed all’insegnamento, con riconoscimenti anche internazionali”. L’amministrazione comunale di Bisaccia lo ha ricordato con un manifesto dedicato ad “uno dei più illustri latinisti contemporanei”, sottolineando la statura del personaggio e la commozione dell’intera comunità.
Il preside Vincenzo Lucido pone l’accento sul contributo offerto alla cultura nazionale “Un grande storico della letteratura latina. Un vanto per la cultura italiana ed europea, un orgoglio per l’Irpinia da indicare alle nuove generazioni spesso senza memoria e senza saldi ancoraggi. Siamo stati fortunati perché, anche senza conoscerlo personalmente, siamo cresciuti con nelle orecchie i nomi di Lapenna e Della Terza due studenti fuori del comune che mossero i primi passi al liceo di S. Angelo per andare a fare faville al Colletta di Avellino”.
“Una notizia che non avremmo mai voluto avere… il prof. Antonio La Penna ci ha lasciato…- scrive il poeta Domenico Cipriano – Restano le sue opere e sarà ricordato per i suoi studi di latinista, traduttore e, in generale, per essere stato un grande uomo di cultura. Ma non dovremo dimenticare l’amore immenso che lo legava alle sue origini irpine…”
“Ieri sera – scrive il poeta Franco Arminio – al ritorno in albergo dopo il bellissimo incontro bolognese, ho appreso della morte di Antonio La Penna.
Era un grande latinista. Era nato a Oscata, una frazione di Bisaccia. Era un uomo antico. Lascia tanti libri molto rigorosi. Magari leggendo La Penna si può tornare a Orazio, a Lucrezio.
A me resta il piacere delle lettere e delle recensioni dedicate al mio lavoro. E il fatto che sono riuscito a portarlo in Irpinia, dove non tornava quasi mai”.
Tanti i messaggi che hanno invaso i social, sono quelli di allievi, compaesani, cittadini comuni che guardavano a lui con anmirazione e affetto. A ricordarlo Pasquale Gugliemo “Nato a Bisaccia da famiglia contadina, compagno di scuola di Gerardo Bianco e Antonio Maccanico al liceo Colletta di Avellino, uomo saggio e integerrimo, intellettuale puro, una perdita inestimabile per il mondo della cultura”.
Ai familiari tutti del professore La Penna giunga l’abbraccio della redazione del Corriere dell’Irpinia.