Una nuova progettualità di città da trasmettere alle nuove generazioni. E’ l’idea da cui nasce il volume Agorà Ombre e storia nelle piazze di Avellino”, edito dalla Valle del Tempo, a cura di Antonetta Tartaglia, Gianni Festa, Cecilia Valentino, Maria Grazia Cataldi, dedicato alla memoria di Armando Montefusco e Andrea Massaro, presentato ieri al Circolo della stampa. Un viaggio nelle piazze e nella storia della città che rivive nelle pagine di don Emilio Carbone, Gianni Festa, Ugo Tomasone, Cecilia Valentino, Vega De Martini, Floriana Guerriero, Maria Grazia Cataldi, Gaetana Aufiero, Antonetta Tartaglia, Generoso Picone, Michele Zappella. E’ il direttore Gianni Festa nel messaggio video a sottolineare come il volume rappresenti un esempio di lavoro di squadra “Quello che può essere un modello per altri progetti, proiettando Avellino nella sfera nazionale. Questo libro diventa l’occasione per comprendere l’evoluzione dell’urbanistica cittadina, a partire dal rapporto tra centro e periferie. Ne è un esempio San Tommaso in cui la piazza, oggi, c’è e non c’e. La piazza che avrebbe dovuto essere costruita ha lasciato spazio a tante piazzette nel tentativo di garantire alla comunità spazi aggregativi, la scuola, campi da calcio”.
E’ Floriana Guerriero a soffermarsi sul costante confronto tra passato e presente che caratterizza il volume “Basti pensare a tante questioni, emergenze architettoniche, luoghi in stato di abbandono, che compaiono nel libro e sono ancora oggi irrisolte. La piazza della Dogana, analizzata da Vega De Martini, pone con forza il nodo del progetto di riqualificazione della Dogana, snodo commerciale, poi monumento artistico, grazie all’intervento del Fanzago e infine cinema costretto a fare i conti con la furia della natura e l’incuria degli uomini. Un progetto di riqualificazione che fa ancora fatica a prendere corpo”. L’editore Mario Rovinello pone l’accento sulla duplice linea che accompagna il volume, nel quale si intrecciano cuore e mente. “Il racconto – spiega Rovinello – è affidato non solo a fonti d’archivio ma anche alle emozioni suscitate dai luoghi nei singoli autori. E’ un libro corale, contraddistinto da una pluralità di voci , che si fa patto culturale tra le generazioni, con l’obiettivo di trasmettere un’idea di piazza intesa come agorà, spazio delle relazioni, quelle relazioni che oggi si stanno perdendo. La sfida è rafforzare il senso di comunità e trasmettere una visione diversa di città”.
E’ Ugo Tomasone a porre l’accento sulla forza di un libro che trova una delle sue cifre distintive nella molteplicità di sguardi. “Sono partito dalla storia di Largo Santo Spirito, per poi immaginare una dialogo tra Maria de Cardona, mecenate straordinaria, e una giovane di oggi, espressione della difficoltà dei giovani di trovare la propria strada, di trovare uno spazio per sè nel capoluogo. Maria de Cardona non ha dubbi, la cultura è l’unica strada”. Cecilia Valentino spiega come il progetto nasca dalla volontà di restituire vita a piazze dimenticate, a partire dalla capacità di Avellino di reagire a tragedie e catastrofi, dai bombardamenti del ’43 ai terremoti. “Ho scelto di soffermarmi – spiega Valentino – sulla storia della Collina della Terra, dove troviamo ancora tracce dei longobardi. Una storia nella quale si intrecciano ricordi personali, dalle passeggiate alla processione fino all’impegno del Centro Dorso nel palazzo Victor Hugo, dal sindaco socialista Remigio Pagnotta ad uno spaccato della vita del popolo. Ed è interessante notare come alcuni toponimi sopravvivano nel linguaggio popolare, malgrado l’avvento dei nuovi”. Una narrazione che si intreccia con quella di Arcangela Todaro Faranda in Via Seminario”, capace di rendere appieno quei vicoli brulicanti di vita
A Maria Grazia Cataldi il compito di ricostruire l’evoluzione di piazza Libertà “Da luogo dei conventi, contraddistinto da una forte dimensione spirituale, diventerà spazio legato alla vita politica, all’indomani della decisione dei Caracciolo di lasciare il castello e andare a vivere nel palazzo Spinola, a piazza Libertà, voluto da Antonio Spinola Caracciolo. Sorgeranno lì l’Intendenza, i Tribunali, il Teatro, piazza Libertà si trasformerà nel cuore della vita cittadina fino a farsi cornice di eventi legati alla storia nazionale, dall’esecuzione di Laurenziello al raduno dei liberali, in occasione dei moti del ’20-21. Ma quella che racconto è anche la storia dei Caffè della piazza, come il Caffè Roma, che diventano espressione del confronto politico”. E sottolinea come “E’ interessante notare che tanti sono i personaggi femminili che hanno segnato con forza la vita del territorio, da Maria de Cardona ad Antonia Spinola ma nessun luogo della città sia intitolato loro”.
Di forte suggestione anche il racconto dedicato a piazza Kennedy, “Quella che era una zona di acque, attraversata dal torrente San Francesco, diventerà uno snodo utile per smaltire il traffico dopo il boom edilizio, con l’assalto alla collina dei Cappuccini, fino ad accogliere il macello, tanto da continuare ancora oggi ad essere chiamata come piazza Macello. Un luogo che negli ultimi anni sta cercando di rinascere”. Gaetana Aufiero si sofferma sull’evoluzione di piazza D’Armi, “quello che era uno spazio per i giovani con un campo in terra battuta che diventerà un campo da calcio con i ragazzi che cercavano di intrufolarsi nelle partite. Ma era anche il luogo in cui si poteva assistere al Carro di Tespi, il luogo delle manifestazioni, in cui Mussolini premiò il balilla Lorenzo Fusco, della gara delle carrozzelle. Ad emergere – sottolinea Aufiero – il racconto di un piazza abbandonata dall’amministrazione comunale che avrebbe voluto abbattere il Carcere Borbonico, oggi trasformato in un polo museale”. E spiega “Questo ci ha regalato le emozioni di quella che era la nostra città, quando era possibile vagabondare alla scoperta dei suoi palazzi e vicoli”.
Storia e ricordi si intrecciano anche nel racconto di Antonetta Tartaglia “Ho frequentato la scuola di via Francesco Tedesco e sono tante le immagini che si affollano nella mia mente. Ho sempre rivolto la mia attenzione all’incontro tra grande storia e piccola storia, a partire dal racconto dell’umanità vera rappresentata dai ferrovieri, artefici del miracolo della Ferrovia con le vecchie case trasformate in ostelli e osterie. Quello che era uno slargo anonimo cambierà volto con l’arrivo della ferrovia”. Pone l’accento sul rapporto centrale nella storia della Ferrovia tra istituzioni e comitati civici e ricorda come “fondamentale per ricostruire la storia dei luoghi sia la memoria orale”. E cita il bellissimo “Storia di un commerciante di Muscetta” ricordando gli errori dell’urbanistica postsisma. Michele Zappella pone l’accento sull’evoluzione di Piazza San Ciro, nella quale “si intrecciano le dimensioni ontologiche di urbs e civitas, una visione materialista legate alle speculazioni edilizie e dimensione spirituale, nel segno di integrazione tra natura e corpo, di un’identità umana “Questo libro si fa monito a ricostruire la città nel segno di un umanesimo integrale”. Ad impreziosire l’incontro le letture di Paolo De Vito che ha fatto rivivere alcuni passi della prefazione di Antonetta Tartaglia, nel segno di memoria raccontata e vissuta.