Uniagri e Comitato Agricoltori Avellinesi, associazioni componenti del COAPI (Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani) raccolgono e rilanciano il documento sottoscritto dai vescovi irpini e lo rilanciano traducono in un appello concreto per chi vive e lavora la terra.
“Noi, agricoltori di Avellino e dell’Irpinia, prendiamo questa parola e la facciamo nostra. Non ci è stato chiesto di firmare quel documento: lo abbracciamo perché le sue parole raccontano la verità di ogni giorno. Le firme dei vescovi — mons. Arturo Aiello (Avellino), mons. Pasquale Cascio (Sant’Angelo dei Lombardi), mons. Sergio Melillo (Ariano Irpino) — e l’adesione morale dell’Abate di Montevergine don Riccardo Luca Guariglia non sono ornamenti: sono il segno che quanto chiediamo riguarda la dignità di persone e comunità intere.
L’Irpinia che conosciamo non è un quadro da museo: è casa, lavoro, memoria. Eppure sempre più spesso la vediamo svuotarsi: paesi con le persiane chiuse, scuole che rischiano la chiusura, giovani costretti ad andare via. Quante case vuote sono diventate l’immagine più autentica delle nostre vallate? Quanti paesi stanno per diventare paesi-fantasma? Non sono numeri freddi: sono vite che se ne vanno.
Tutti partono e continueranno a partire: i giovani cercano lavoro altrove, le famiglie cercano servizi, le opportunità si concentrano nelle città. Ma noi saremo gli ultimi a lasciare le nostre terre. Perché la nostra relazione con questi campi è più profonda di una scelta lavorativa: siamo come alberi con radici profonde nei nostri fondi. Per noi andarsene non significa solo lasciare una casa o gli affetti — significa tagliare le radici. Significa recidere la storia delle nostre famiglie contadine, la memoria delle stagioni, il filo che unisce generazioni. E senza radici, anche gli alberi muoiono. Per questo resistere qui non è rassegnazione: è un atto d’amore e di responsabilità verso il futuro collettivo”.
Nella nota si sottolinea come “lavorare qui non è solo produrre cibo. È prendersi cura dei crinali per fermare le frane, è tenere i fossi sgombri per evitare allagamenti, è mantenere prati e boschi per la biodiversità. È prevenire il dissesto idrogeologico con mani che sanno quando e come intervenire. Chi resta a coltivare queste terre garantisce beni che appartengono a tutta la collettività: acqua, paesaggio, memoria. Eppure veniamo lasciati soli, schiacciati tra margini economici ridotti, mercati imprevedibili, una burocrazia che ruba tempo e prospettive e i nuovi rischi portati dal clima.
Non vogliamo piagnistei: vogliamo che si capisca la realtà. Vogliamo che la politica misuri il valore dell’Irpinia non solo in metriche demografiche, ma per quello che custodisce: il lavoro contadino, la prevenzione dei rischi, il paesaggio che attira turismo e protegge la vita. Per questo chiediamo risposte chiare e misure concrete:
Sostegno al reddito: pagamenti che riconoscano il valore sociale ed ecologico del lavoro contadino e che garantiscano un reddito minimo dignitoso.
Tutele sui prezzi e strumenti anti-speculazione: per evitare che i mercati sbilancino definitivamente le aziende piccole e medie.
Semplificazione vera: sportelli dedicati, procedure snelle, controlli proporzionati alla realtà delle imprese.
Investimenti nelle infrastrutture: strade rurali, reti idriche, servizi sanitari e digitali che rendano vivibili i paesi.
Politiche per i giovani: accesso al credito, terreni e incentivi per chi sceglie di restare o tornare a lavorare la terra.
Remunerazione dei servizi ecosistemici: riconoscere e pagare chi mantiene i boschi, i prati e i corsi d’acqua.
Rigenerazione dei borghi: misure per recuperare le abitazioni vuote e riportare famiglie e vita nei centri.
Non chiediamo favori: chiediamo dignità, diritti e strumenti per continuare a fare il mestiere più antico e necessario che conosciamo. Lo diciamo con fermezza, ma anche con amore per la nostra terra. Continueremo a lavorarla con cura — perché è casa, proprietà e futuro — ma non lo faremo più senza che ci siano politiche vere alle nostre spalle.
Questo è il nostro appello: non lasciateci soli. Le istituzioni locali, la Regione, il Governo nazionale devono rispondere con impegni chiari e risorse mirate. Se le campagne cadono, cade una parte fondamentale del Paese”